Al consulente della famiglia di Giulio Regeni in Egitto, Ahmed Abdallah, sono stati imposti altri 15 giorni di custodia cautelare in carcere: la decisione è stata presa questa sera dal Tribunale del riesame dopo una udienza drammatica sul caso del ricercatore friulano ucciso in circostanze ancora misteriose. L’accusa per Abdallah – presidente di una organizzazione non governativa che sta aiutando i legali della famiglia Regeni a raccogliere elementi sulla tortura e la morte del giovane, arrestato il 25 aprile e fatto trovare morto in strada alcuni giorni dopo – è di attività sovversiva e partecipazione a manifestazione non autorizzata contro la cessione di due isole del Mar Rosso all’Arabia Saudita.
Durante l’udienza il clima ha toccato picchi di tensione tali che l’aula è stata sgomberata nonostante la presenza di alcuni diplomatici europei. Fonti giudiziarie sostengono che l’arresto non ha nulla a che fare con il caso Regeni, ma poi si è appreso che l’attivista è entrato in aula mostrando un piccolo pezzo di carta su cui era scritto in arabo “Verità per Regeni” e quando altri attivisti hanno cercato di fotografarlo c’è stato un parapiglia tra uscieri e avvocati. La polizia ha requisito i cellulari per cancellare le immagini. L’aula, in cui c’erano anche diversi giornalisti, è stata fatta sgomberare. L’udienza è comunque ripresa e Abdallah è stato sul banco degli imputati, assieme ad un’altra trentina di persone, sulla base di dieci imputazioni tra le quali l’uso della forza allo scopo di rovesciare il regime e pubblicazione di notizie tali da turbare l’ordine pubblico.
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