OSSERVATORIO AMERICANO/ Quella squadra di ricconi che forma il “cabinet” di Trump

Domenico Maceridi DOMENICO MACERI*

“Direi che hanno alcuni milionari poveri ma in linea di massima si tratta di miliardari”. Con queste parole Bernie Sanders, senatore del Vermont, sconfitto alle primarie democratiche da Hillary Clinton, commentava  le scelte di Donald Trump per il suo Cabinet in un’intervista al programma televisivo Face the Nation della Cbs. Secondo la rivista Forbes il patrimonio delle nomine di Trump fino ad adesso equivale a 14 miliardi di dollari, pari al reddito di 126 milioni di famiglie americane.

La ricchezza dei membri della squadra di Trump è un problema, ma solo un piccolo indizio della limitata qualità del gruppo. Mettendo da parte alcuni individui “moderati” come Reince Priebus (capo di gabinetto), Nikki Haley (ambasciatrice alle Nazioni Unite) e Elaine Chao, moglie del presidente del Senato Mitch McConnell (trasporti), il resto della squadra è composta da individui che susciterebbero facilmente “red flags”, segnali di allarme, a cominciare da alcuni la cui esperienza e filosofia li rende antitetici al loro nuovo incarico, come se Trump avesse assunto piromani per guardaboschi.  Spicca fra questi Rick Perry, ex governatore del Texas, nominato da Trump segretario dell’Energia.

L’idea di Perry per l’energia si potrebbe caratterizzare da “drill, baby, drill“, ossia scaviamo a non finire per estrarre petrolio senza nessuna preoccupazione degli effetti sull’ambiente. Perry vede il dipartimento dell’Energia come un ostacolo allo sviluppo e per questo aveva proposto in un dibattito per le primarie repubblicane del 2011 di abolirlo. C’è stato solo un problema. Mentre Perry faceva la lista di tre dipartimenti che avrebbe voluto rottamare se ne ricordò solo due, il Commercio e l’Istruzione. Fu costretto ad ammettere davanti a milioni di telespettatori che non ricordava il terzo, proprio quello che adesso è stato incaricato di dirigere.

Betsy DeVos, ultra ricca contribuente del Partito Repubblicano, è stata scelta per dirigere il Dipartimento della Pubblica Istruzione, ma anche lei non crede molto all’importanza del settore di cui sarà responsabile. È una grande sostenitrice delle charter schools, scuole private che ricevono fondi dal governo e quindi è inutile prevedere notevoli miglioramenti, anche se il sistema scolastico americano è nelle mani degli Stati e in modo più particolare dei distretti locali.

Scott Pruitt, nominato segretario dell’EPA (Environment Protection Agency), l’agenzia che tutela e protegge l’ambiente, è anche lui antitetico al nuovo incarico. Pruitt, procuratore generale dell’Oklahoma, non crede al riscaldamento globale, ed ha avuto un rapporto totalmente contrario alla politica di difesa dell’ambiente, partecipando direttamente o indirettamente a più di tredici azioni legali contro la EPA.

Durante la campagna elettorale Trump ha criticato aspramente Hillary Clinton per i suoi legami con Wall Street, specialmente con Goldman Sachs. Adesso però il neoeletto presidente ha abbracciato i finanzieri offrendo loro importanti incarichi nella sua amministrazione. Questi legami con Wall Street erano già tracciati con il suo stratega Steve Bannon che aveva lavorato per Goldman Sachs. Ipocrisia? Molta. A cominciare da Steve Scaramucci,  che ha lavorato per Goldman Sachs,  uno dei più fidati consiglieri di Trump per la transizione. Segue Gary Cohn, altro finanziere per molti anni a Goldman Sachs, chiamato a presiedere il National Economic Council.

Forse più importante di tutti questi è Steve Mnuchin, anche lui “laureato” a Goldman Sachs, nominato segretario al Tesoro.

A completare il quadro di questi membri dell’establishment finanziario bisogna aggiungere la nomina di Rex Tillerson, ex amministratore delegato di Exxon Mobile, a segretario di Stato. Dopo che Trump ha avuto colloqui con parecchi “luminari” come Rudy Giuliani, David Petraeus, John Huntsman, Bob Corker e Mitt Romney, la scelta di Tillerson sembrava poco ostacolata, ma i suoi stretti legami con la Russia hanno già suscitato dubbi sulla sua conferma. L’ombra della Russia continua a crescere sull’amministrazione di Trump.  Al di là del sospetto di interferenze russe nel contribuire ad eleggere  Trump servendosi della divulgazione delle email di Hillary Clinton e del Partito Democratico, resta il fatto cheTillerson è grande amico di Putin, che lo ha insignito dell’Ordine dell’Amicizia nel 2013.

La politica estera preannunciata da Trump include anche Michael Flynn, generale in pensione, nominato Consigliere della Sicurezza Nazionale. Il figlio di Flynn, Michael junior, ha perso il posto nella campagna di Trump perché aveva condiviso notizie false  sul  Partito Democratico. Flynn però ha anche lui nel suo passato una macchia in tal senso, avendo condiviso informazioni riservate in Afghanistan e in Pakistan.

Nonostante la vittoria a sorpresa di Trump e l’impreparazione della sua squadra di transizione, il neoeletto presidente ha già nominato quasi tutti i membri del suo Cabinet. E’ opinione diffusa che le nomine non siano avvenute sulla base di adeguate verifiche, per cui  si prevedono problemi. Il Senato dovrà dunque fare molta attenzione per le nomine che richiedono la conferma della Camera alta. I repubblicani al Senato hanno un lieve margine di maggioranza, 52 a 48 seggi; quindi se i democratici rimangono compatti e riescono a racimolare pochissimi voti repubblicani potranno bloccare le nomine più rischiose. Alla fine però Trump dovrà anche lui fare pace con i membri dell’establishment repubblicano per realizzare la sua agenda, che non coincide esattamente con il Gop. Insomma, Trump cercherà di riportare l’orologio indietro, forse a un mondo peggiore di quello che ci lascerà Obama, come ci fa temere l’estremismo di destra di Steve Bannon, consigliere di Trump alla Casa Bianca.

*Domenico Maceri è docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com)  

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