di DOMENICO MACERI* – Quando i media criticano minimamente la sua politica Donald Trump spesso contrattacca lanciando accuse di fake news. La gioia del 45° presidente subito dopo la “vittoria” alla Camera per l’abrogazione di Obamacare era incontenibile ed ha voluto persino “ringraziare i media”. Si trattava ovviamente del primo passo per smantellare la riforma sulla sanità del suo predecessore, che l’attuale inquilino della Casa Bianca ha ripetutamente etichettato come disastrosa.
Dopo il passo falso del mese scorso, che aveva costretto Paul Ryan a ritirare il disegno di legge iniziale, questa volta lo speaker è riuscito a racimolare alcuni voti e superare il test. Occorrevano 216 voti per l’esito favorevole. Ryan ne ha ottenuti 217, uno in più, mentre 213 (tutti i democratici e 20 repubblicani) sono stati i no all’abolizione di Oabamacare. Adesso il disegno di legge si sposterà al Senato, dove l’esito è incerto.
Il nuovo disegno di legge non è tanto diverso da quello originale, ma include 8 miliardi in più di sussidi per individui con malattie preesistenti. Per il resto rimane un disegno di legge che riflette i principi ideologici repubblicani. A cominciare dall’eliminazione dell’obbligo per tutti, previsto da Obamacare, di comprare una polizza assicurativa o, in caso contrario, di pagare una multa. L’idea di Obama è che ognuno deve contribuire alla sanità, considerandola una responsabilità civile ma anche diritto umano. I repubblicani, invece, vedono la sanità come qualsiasi altro prodotto, con la libertà di “comprarlo” oppure no.
Le tasse aumentate da Obama ai benestanti che hanno contribuito a garantire l’assistenza ai meno abbienti verranno eliminate nel piano repubblicano facendo risparmiare milioni di dollari ai ricchi, che comunque, durante le due amministrazioni di Obama, non hanno certo sofferto. Il Congressional Budget Office, l’agenzia non partisan del governo, aveva valutato la prima bozza di Trumpcare arrivando alla conclusione che 24 milioni di americani avrebbero perduto l’assicurazione medica. La seconda versione del disegno di legge approvato alla Camera non è stata valutata perché i repubblicani avevano fretta e non volevano brutte notizie. Considerando i pochi cambiamenti apportati, il numero dei non assicurati non dovrebbe essere diversa.
Trump e i repubblicani hanno demonizzato Obamacare specialmente per i costi, che sono aumentati in alcuni stati. In realtà i costi aumentavano e continueranno ad aumentare perché le compagnie di assicurazione devono produrre profitti. Il disegno di legge approvato dalla Camera ridurrebbe i costi perché toglierebbe i pregi essenziali dell’assicurazione stabiliti da Obamacare. Le compagnie di assicurazione potrebbero offrire polizze meno inclusive, che ridurrebbero i costi. L’altro punto essenziale, vantaggioso per i profitti delle compagnie di assicurazione, verrebbe dal fatto che potrebbero aumentare i prezzi per gli individui con malattie preesistenti, cosa che Obamacare evitava che potesse accadere. Ovviamente se i costi per questi individui con malattie preesistenti sono alti le polizze diverrebbero inaccessibili. Per fare fronte a questa eventualità il disegno di legge di Ryan stanzierebbe 8 miliardi di dollari addizionali per assistere questi individui. Il problema però è che sono insufficienti e con ogni probabilità vorrà dire che gente disperata non potrà ottenere assicurazione.
Nonostante la retorica di abrogare Obamacare non si tratta di una vera e propria abrogazione assoluta del sistema ideato da Obama. Alcuni di quei principi vengono mantenuti. I genitori con assicurazione potranno continuare ad includere nelle loro polizze i figli fino a 26 anni di età. Inoltre non è stato eliminato il principio di Obamacare di sussidi ai bisognosi, anche se nel piano repubblicano verranno tagliati ridistribuendo i costi.
Inoltre in Obamacare i sussidi per i bisognosi venivano offerti a seconda del reddito in modo da essere in condizioni di comprare la loro assicurazione. Il piano repubblicano, invece, fisserebbe i sussidi secondo l’età, offrendo 2 mila dollari per i trentenni e aumentandoli gradualmente fino 4 mila per i sessantenni. Questi sussidi agevolerebbero i giovani, ma gli anziani al di sotto di 65 anni ne uscirebbero perdenti.
Ecco perché la AARP (l’associazione dei pensionati americani) è contraria alla riforma repubblicana. Anche contraria si è dichiarata la AMA (associazione dei medici americani) per le riduzioni al Medicaid, la sanità per i più poveri che guadagnano 16 mila dollari annui con qualche lieve differenza a seconda degli Stati. La sanità dei più poveri sarebbe colpita severamente con una stima di tagli sugli 839 miliardi, secondo il Congressional Budget Office. I tagli colpirebbero ovviamente anche i medici e gli ospedali che in un modo o nell’altro dovrebbero cercare di curare questi individui. Colpirebbero anche quelli con assicurazioni, dato che i prezzi per le diverse procedure verrebbero aumentati per aiutare a coprire le spese per le cure dei poveri.
La maggioranza degli americani riceve l’assicurazione medica dai datori di lavoro (47 per cento), dal Medicare, l’assicurazione per gli anziani (17 per cento), dal Medicaid, la sanità per i poveri (22 per cento), Obamacare (3 per cento), e il 9 per cento non ha assicurazione. Obamacare ha aumentato il numero di assicurati di circa 20 milioni fra assicurazioni private e l’ampliamento del Medicaid.
È tragico che un Paese ricco non riesca a fornire assicurazione medica a tutti i suoi cittadini come fanno molte altre nazioni al mondo. Trump aveva detto che con lui presidente tutti gli americani avrebbero avuto questa copertura. Lo aveva anche spiegato nel suo libro del 2000 “The America We Deserve”, in cui ha affermato che abbiamo bisogno di “assicurazione per tutti”.
Il suo recente piano riporterebbe l’America indietro, ai tempi di George W. Bush. Ed è anche paradossale che il 45° presidente abbia elogiato il sistema sanitario dell’Australia in un recente incontro con il primo ministro Malcolm Turnbull senza rendersi conto che si tratta di un sistema nazionale chiamato infatti Medicare. Un sistema auspicato da Bernie Sanders nella campagna presidenziale del 2016, che la legislatura californiana sta ipotizzando di applicare ai suoi 38 milioni di abitanti.
*Domenico Maceri è docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@gmail.com)
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