Uscirà domani in libreria il volume “Fronte del Porno. Il sesso occidentale. Cultura, lingua, rappresentazione dell’eros dagli albori a Internet” di Massimo Arcangeli e Osvaldo Duilio Rossi, edito da Franco Angeli.
Il volume spiega come e perché pornografia e pornolalia, nel dare fondo a tutte le loro risorse, spopolano oggi ovunque, rivendicando i loro “diritti” soprattutto in rete. La cultura digitale consente di importare nell’esperienza quotidiana, con un semplice clic, le fantasie più intime e le perversioni più curiose; pratiche e proiezioni erotiche che contribuiscono a neutralizzare la dicotomia fra il bene e il male, il bello e il brutto, il piacere e il dolore, favorendo l’eclissi del sacro: nulla è più ammantato di sacralità, nulla appare più intoccabile. Non può allora sorprendere che si arrivi a esibire pubblicamente i propri organi, o le proprie condotte sessuali, senza alcun pudore: è la fine dell’intimità, dell’inaccessibilità di un privato che fino a ieri, proprio nella sfera del “sacro”, si esauriva e trovava la sua ragion d’essere.
Il sesso emerge da una componente naturale e da una culturale; è perciò, al contempo, una sostanza e una forma di sapere. Le funzioni riproduttive si accompagnano a funzioni estetiche (il piacere tattile dei cinque sensi coinvolti nell’atto), economiche (la soddisfazione del desiderio e del bisogno di praticare il coito), psicologico-sociali (i risultati delle riflessioni intime sulla propria storia sessuale, in un preciso contesto), di lingua e di costume (discorsi, brusii, rumors che a ondate, nelle vite individuali e collettive, gravitano intorno alle più diverse modalità di accoppiamento) e via dicendo.
Anche la natura e la qualità dei legami esistenti tra lingua e sessualità sono chiamate in causa da questo discorso: moltissimi studi dedicati ai vari aspetti della relazione che intercorrente tra la lingua e la sessualità ritengono che il sesso non sia poi così rilevante ai fini della costruzione e della comunicazione dell’identità sessuale e che questa, a sua volta, non sia poi così rilevante ai fini della costruzione e della comunicazione dei significati sessuali.
Una società che ci parla gratuitamente di sesso (al cinema, nella letteratura, nei programmi televisivi, negli articoli giornalistici, etc.), verbalizzando tutte le modalità di accoppiamento possibili e suggerendoci raffiche di immagini mentali, non si limita a esercitare un potere dall’alto ma è anche il risultato della condivisione di quel potere. Ci rende così corresponsabili e, alla fine, muti in materia di sessualità; non silenziosi, che è cosa diversa. Sfilze di parole e sequenze di immagini che rendono smisurata la presenza del sesso finiscono per svuotarlo o convenzionalizzarlo. Soltanto recuperando il senso atavico di una parola come eros potremo essere in grado di ricucire il legame fra pratiche sessuali e relativi saperi e, in questo modo, di reintegrare la sessualità nel ruolo che merita.
Liberarci, allora, dovrebbe significare ‘ricordare per ri-comprendere’: è ricordando e tornando a comprendere l’eros che potremo uscire dal mutismo dei nostri corpi individuali e sociali. Soltanto allora potremo ricominciare a unirci. Perché il male di questo mutismo generalizzato è che non si riesce più a stare insieme, né sotto forma di coppia né in quanto componenti di un insieme sociale; e, sul banco degli imputati, potrebbe sedere anche Internet, insieme alla politica – che ha abusato ampiamente degli afrodisia per creare e smontare l’uso del potere -, ma anche in compagnia della religione – che si lega da secoli, se non da sempre, alle rappresentazioni sessuali più disparate – e all’economia – che ormai regola molti modelli relazionali -; tutti dispositivi che hanno manipolato nell’arco degli ultimi trent’anni i valori dell’Occidente tramite i mass media.
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