“È un giorno triste quello in cui il presidente degli Stati Uniti istiga alla violenza nei confronti dei giornalisti”. Ecco come la direzione della Cnn ha commentato il video modificato e goffamente ritwittato da Donald Trump che lo ritrae mentre mette a terra l’immagine della Cnn suonandogliele di santa ragione. Il video si rifà a un evento del 2007 in cui ai margini di un match di wrestling si vede Trump simulare di battersi con Vince McMahon, promotore di quell’evento. Trump ha la meglio, ovviamente, mettendo sotto il rivale. Nel tweet la faccia di McMahon è stata sostituita da un’immagine della Cnn.
La guerra di Trump con i media continua, come dimostrano la battaglia con la Cnn e gli attacchi volgari del presidente a Mika Brzezinski del programma “Morning Joe” della Msnbc. I media sono fake news per Trump, come ha ripetuto a non finire durante la campagna elettorale. Nulla è cambiato. I problemi sono tutti causati dai media che gli sono contro e spargono giorno dopo giorno notizie false, secondo il presidente.
I media fanno il loro lavoro e non sono immuni da sbagli. È successo recentemente alla Cnn: tre suoi giornalisti non avevano seguito le procedure di verifica pubblicando un articolo che poi risultò infondato. Le informazioni accusavano Anthony Scaramucci, alleato e sostenitore di Trump, di avere legami con investitori russi. I dirigenti della Cnn, riconoscendo lo sbaglio, hanno licenziato i tre responsabili.
Per Trump questo sbaglio dimostra che la Cnn incarna le fake news. Non solo. Ha incluso nella lista dei propalatori di fake news anche la Nbc, Cbs, Abc, il New York Times e il Washington Post. Una mela marcia e tutta la frutta va buttata, per Trump.
Il 45esimo presidente però non ha incluso nella sua lista Fox News né Breitbart News dato che queste due fanno poc’altro che diffondere informazioni piacevoli per l’inquilino della Casa Bianca. Non a caso nelle ultime settimane Trump ha concesso parecchie interviste alla Fox News dato che le domande equivalgono a un assist per segnare dei gol a porta vuota.
Nonostante le forti obiezioni verso i media Trump riconosce il loro valore quando gli conviene, approfittando della loro credibilità. Lui si è sempre vantato di avere graziato la copertina di Time Magazine. Trump infatti aveva aggiunto la sua foto nella copertina di Time Magazine che poi aveva usato per abbellire le sue proprietà come Mar-a-Lago in Florida. La data sulla copertina indica il primo marzo 2009. Time non ha pubblicato in quella data e la più vicina, il 2 marzo, mostra in copertina l’attrice Kate Winslet. La rivista ha chiesto all’inquilino della Casa Bianca di rimuovere le foto, ma lui vi ha adempiuto solo in parte.
Le “fake news” non sono tali quando favoriscono Trump come ci ricorda la lunga serie di articoli del New York Times sulla questione delle email di Hillary Clinton durante la campagna elettorale dell’anno scorso. Nessuna protesta in quel caso. Nemmeno nel recente articolo del Washington Post sulla debole reazione di Barack Obama per affrontare Vladimir Putin per la presunta interferenza dei russi nell’elezione del 2016. Trump in un tweet ha attaccato il suo predecessore per non avere fatto nulla per risolvere la questione dell’hackeraggio russo. Paradossalmente Trump non si è accorto che la sua reazione confermava implicitamente l’influenza dei russi nell’elezione smentendo la sua stessa tesi che il Russiagate non era che una caccia alle streghe istigata dai democratici per avere perso.
L’interferenza della Russia nell’elezione del 2016 è stata confermata da 15 agenzie di intelligence americane. Eccetto per la sua ammissione nel tweet in cui addossa la colpa ad Obama, Trump la vede come una congiura dei media e dei suoi nemici che bisogna combattere con tutte le forze. Oltre ai suoi notissimi battaglieri tweet, il 45esimo presidente ha limitato le informazioni riducendo le “news briefings”, le conferenze stampa alla Casa Bianca in cui i giornalisti vengono aggiornati avendo anche la possibilità di fare domande ai portavoce di Trump. Con l’attuale amministrazione questi eventi sono divenuti veri e propri scontri verbali fra i giornalisti e i due rappresentanti di Trump, Sean Spicer e Sarah Huckabee Sanders.
Trump evidentemente guarda questi eventi e non essendo rimasto soddisfatto dal lavoro di Spicer ha deciso di metterlo da parte preferendogli la sua vice Sarah Sanders, considerata più battagliera, stile che si addice a Trump. Non basta però. Oltre ai pochi “briefings” Trump sta cercando di limitare le informazioni sul suo operato. La lista dei visitatori quotidiani alla Casa Bianca, pubblicata regolarmente dall’amministrazione di Obama, adesso non viene più resa nota. Non si sa dunque con chi si incontrano i funzionari della Casa Bianca e per quali motivi.
Trump ha definito i media “nemici del popolo”, in stile regime autoritario. Persino il tweet del suo scontro con il logo della Cnn ci ricorda scene di paesi dove la democrazia non esiste. Il messaggio di violenza contro la stampa emerge chiaro e tondo. Non pochi giornalisti hanno ricevuto minacce temendo dunque per la loro incolumità.
Il lavoro dei media, specialmente quello dei giornalisti investigativi, come nel caso del Washington Post e del New York Times ed alcuni altri, spesso non sarà di gradimento a Trump né ai suoi sostenitori. Senza stampa indipendente però i valori democratici si frantumerebbero e trasformerebbero l’America in un sistema politico autoritario in cui il governo fa quello che vuole come avviene in parecchie parti del mondo.
*Domenico Maceri è docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@gmail.com)
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