di RAFFAELE CICCARELLI*/ Alla fine l’inopinato è avvenuto, l’apocalisse non è stata evitata. Al termine di una partita in cui sono state toccate tutte le gradazioni della sofferenza sportiva, dallo zenit della speranza al nadir della delusione, l’Italia non riesce a staccare il biglietto per Russia 2018. Escluso l’infausto 1958, sempre in Svezia, mai sul campo la nostra Nazionale aveva fallito la qualificazione alla fase finale di un mondiale, nel 1992 l’ultimo nostro fallimento ad una grande manifestazione, il campionato europeo, guarda caso sempre in Svezia. Da oggi in poi l’incubo del calcio italiano si veste
del gialloblu dei colori svedesi.
Un fallimento annunciato, un fallimento per tutti. Non deve sembrare casuale questa eliminazione, nell’ambito della massima competizione calcistica, dopo l’insperata vittoria del 2006, è stata sempre fallimentare la nostra partecipazione, e la discesa verso questo baratro ha avuto questi segnali che però sono stati sottovalutati e ignorati. Chiaro che adesso si aprono scenari sconosciuti al nostro establishment calcistico, dove innanzitutto nessuno deve sentirsi esente da colpe: dalle società che da tempo osteggiano il lavoro dei CT, alla Federazione che non è stata capace di adeguarsi ai tempi perdendo
un allenatore importante come Antonio Conte, ad un movimento calcistico oberato dalla presenza degli stranieri anche in quei vivai che dovrebbero essere il serbatoio di talenti necessario per dare il ricambio ai giocatori che terminano la loro carriera.
Fine di un’epoca di talenti. Nel corso di quest’anno si sono ritirati campioni come Francesco Totti e Andrea Pirlo, qualche anno fa Alessandro Del Piero, ma chi li ha rimpiazzati? Questa eliminazione è solo lo specchio reale di quella che è la situazione del nostro movimento calcistico, ed ha sicuramente molti padri, il primo dei quali è il CT Gian Piero Ventura. Potrà sembrare semplice, oltre che solito, prendersela con l’allenatore, ma mai come questa volta la scelta di formazioni e moduli tattici si è rivelata disastrosa e fallimentare, con una conduzione paragonabile a quella di Mondino Fabbri a Inghilterra 1966, irta di errori e di insicurezze (ma lì al mondiale almeno c’eravamo).
Disastro Ventura, disastro Tavecchio. Al di là del valore di Ventura come allenatore di club di fascia media, il CT si è trovato a mio avviso catapultato in una realtà troppo superiore ai suoi mezzi e alle sue esperienze, vittima di un ego che da subito ha lottato per cacciare l’ombra del suo predecessore, puntando su scelte cervellotiche anche di fronte all’evidenza del campo. Credo poi, al di là delle sue intenzioni, che dovrebbe dimettersi anche Tavecchio: lui ha operato la scelta del CT, avallandone tutta la gestione, lui dovrebbe seguire l’esempio del suo predecessore, Abete, che si dimise dopo la fallimentare spedizione in Brasile di quattro anni fa. Questo potrebbe permettere un ricambio totale ai vertici, favorendo l’ingresso di dirigenti che abbiano a cuore veramente l’interesse della crescita del nostro calcio, con il ritorno alla centralità della nostra Nazionale, alla fine ambasciatrice reale del calcio italiano nel mondo.
Quale futuro per la Nazionale? Ora le valutazioni che si faranno parleranno di sicuro dei soldi che si perderanno a causa di questa eliminazione, ma qui l’urgenza non è questa, ma quella di ritornare a dare valore al calcio, quindi alla crescita dei nostri calciatori, anche obbligando le società a non pensare solo ai loro privilegi, lasciando da parte la litigiosità becera che ci ha portato a questo infausto punto. Ricordo che prima della eliminazione del 1958, la Nazionale italiana veniva da due partecipazioni fallimentari (Brasile 1950 e Svizzera 1954) dopo ci furono altre due partecipazioni deludenti (Cile 1962 e Inghilterra 1966), prima di riprendere il posto che ci compete a nell’arengo mondiale. Speriamo di riuscire a ricostruire prima la nostra credibilità, intanto, per ora, ci è stato servito il delitto perfetto.
Storico dello sport*
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