Il mondo, anche quando gli stati compiono passi positivi contro il terrorismo, ha la capacità di dividersi , dimenticando il bene comune, la pace, che va perseguita scegliendo la soluzione migliore possibile al ddi sopra degli interessi particolari. In questo momento gli scenari internazionali sono infatti contrassegnati da due patti molto importanti per la lotta al terrorismo, ma entrambi vengono visti con preoccupata avversione da alcuni paesi, tra i quali non poteva mancare il nostro pere bocca di quel mago della diplomazia che è il ministro degli Esteri, Gentiloni (speriamo non ispirato dal capo del governo).
Quali sono questi patti. Il primo è l’accordo nucleare tra gli Stati Uniti e l’Iran, che ha ottenuto il via libera dal Senato americano grazie alla tenacia con la quale Obama lo ha perseguito contro l’opposizione dei repubblicani. E’ un accordo che tuttavia viene visto con ostilità e avversato da Israele in nome di logiche legate ai rapporti tra questo paese e gli altri stati mediorientali.
L’altro patto è quello che lega, e non da oggi, la Russia alla Siria. Come tutti sanno e come drammaticamente è dimostrato dall’ondata di rifugiati che si sono incamminati verso i paesi europei, la Siria è infestata dal sanguinario terrorismo dell’Isis, che a suo tempo ha goduto del sotterraneo sostegno di alcuni paesi arabi e persino degli Stati Uniti, nella speranza di usarlo come arma contro il governo Assad chiudendo gli occhi di fronte al fatto che il pericolo maggiore arrivava non dal dittatore di Damasco ma dai tagliagole del califfo.
Ora Putin ha deciso – di fronte al mancato o scarso sostegno dell’Occidente alla Siria – di mandare aiuti militari ad Assad per combattere contro l’Isis. Invece di fare altrettanto, lo stesso Obama reduce dall’accordo con gli odiati ayatollah iraniani ha preso posizione contro il gesto della Russia raccogliendo il passivo consenso di paesi occidentali come incautamente ha fatto anche il portavoce del governo italiano. Il rischio è che si ripeta in Siria ciò che è accaduto in Iraq con la eliminazione di Saddam Hussein e in Libia, dove la caduta e l’eliminazione di Gheddafi si è risolta nella spaccatura del paese e nella caotica divisione tra cento tribù nelle quali si è infiltrata l’Isis per prendersi un pezzo di paese e persino il controllo del flusso dei migranti nel mediterraneo.
Insomma le logiche politiche, le avversioni ideologiche e gli interessi economici dei paesi più forti finiscono per prevalere ogni volta che ci sono obiettivi superiori da difendere: la lotta al terrorismo, la difesa della pace e della civiltà. Ancora più imperioso questo dovere merita di essere ricordato nella ricorrenza del 14° anniversario dell’attacco di Al Qaeda alle Torri Gemelle (foto). L’Italia, che per la sua posizione geografica è uno dei paesi più esposti, dovrebbe tenersi fuori da questi giochi pericolosi e far sentire la sua voce con autorevolezza e vigore. Ma, in questo momento, chi può farlo?
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