OSSERVATORIO AMERICANO/ L’aumento del salario minimo si diffonde, ma più negli stati che su scala federale

di DOMENICO MACERI*- In Alabama ed alcuni altri Stati il salario minimo è di 2,13 dollari l’ora per i lavori con mance, che devono essere sufficienti per raggiungere 7,25 dollari l’ora, come stabilisce la legge federale del 2009, per tutti i lavoratori.  Al livello nazionale non vi è stato nessun aumento dato il controllo repubblicano di una o, a volte, di ambedue le Camere.
In mancanza di un’iniziativa federale per l’aumento del salario minimo, gli Stati e le città  hanno da tempo cominciato ad andare oltre il minimo del governo federale. Trentuno Stati hanno già aumentato il loro salario minimo al di là dei 7,25 l’ora. Questo trend continua anche nel 2018 con diciannove Stati, 12 considerati  liberal (“blue”) ma anche 7 conservatori (“red”), e 20 città che apporteranno ulteriori aumenti al salario minimo.

Gli aumenti sono stati graduali ma in alcuni casi si tratta di un salario minimo equivalente al doppio di quello federale. Il più alto in questo senso è già stato raggiunto dalla zona dell’aeroporto di Seattle-Tacoma, Stato di Washington (SeaTac), dove il salario minimo è 15,64 dollari l’ora. Nel 2021 la città di Seattle sarà molto simile con 15,41 dollari per aziende con 501 dipendenti  se non offrono copertura sanitaria. Per quelle aziende che invece la offrono la cifra sarà 15 dollari l’ora.

Quindici dollari l’ora è il salario considerato sufficiente per potere vivere ed è anche raggiunto in alcune città della California (Sunnyvale, San Francisco). In altre città di questa zona della California del Nord parecchie altre pagano da 13 a 14 dollari l’ora. A livello Statale la California, New York, ed altri Stati liberal, hanno già messo in corso aumenti graduali che fra tre o quattro anni raggiungeranno il fatidico 15 dollari, tanto auspicato da Bernie Sanders nella campagna presidenziale del 2016.

Gli aumenti in effetti dall’inizio di gennaio di quest’anno a volte non vanno oltre i 50 centesimi l’ora specialmente in alcuni “red states” dominati da governi repubblicani. Ciononostante persino in questi Stati conservatori qualcosa si sta muovendo anche se gli aumenti faranno poco o niente per eliminare la disuguaglianza economica fra ultra ricchi e poveri.

Alcune aziende grosse come Amazon si avvicinano a 15 dollari l’ora mentre altre si stanno muovendo in questa direzione per ragioni di business. Con una cifra ufficiale di disoccupazione del 4,1 per cento si comincia a vedere una certa concorrenza tra lavoratori verso aumenti di salari, anche se le cifre sono poco significative. Ovviamente ogni aumento al salario minimo causa pressione verso l’alto anche per quelli che guadagnano oltre la soglia del minimo.

L’opposizione agli aumenti al salario minimo viene tradizionalmente dal Partito Repubblicano non solo al livello federale ma anche statale. In 23 Stati infatti le legislature hanno approvato leggi per impedire alle municipalità locali di aumentare il salario minimo al di là di quello stabilito dalle leggi statali già esistenti. L’opposizione filosofica è spesso basata sul fatto che gli aumenti del salario minimo riducono l’occupazione. Studi al riguardo hanno rilevato però che questa preoccupazione è esagerata dato che la disoccupazione dipende da tanti altri fattori, come per esempio lo stato dell’economia in generale. La disoccupazione nella città di Seattle, per esempio, era di 2,6 per cento l’anno scorso, la metà di quella nazionale.

In realtà, gli aumenti al salario minimo aiutano l’economia dato che questi soldi extra nelle tasche dei poveri vengono spesi subito per necessità basiche, stimolando l’economia. Aiutano anche i beneficiari di questi aumenti a spingerli oltre la soglia di povertà riducendo i bisogni di sussidi governativi, alleggerendo dunque la pressione fiscale sui contribuenti. Le ingenti somme di denaro consegnate ai benestanti e le corporation con la riforma fiscale approvata recentemente a Washington dai repubblicani difficilmente entreranno nell’economia considerata la disoccupazione di 4,1 percento, che molti economisti considerano difficile da migliorare.

L’aspetto da migliorare però è quello della disuguaglianza economica. Gli aumenti del salario minimo rappresentano un piccolo passo in questa direzione e allo stesso tempo comportano dividendi politici anche se  non si riflettono su  scala nazionale. Il 75 per cento degli americani, infatti, favorisce l’aumento del salario minimo a 10,10 dollari l’ora mentre il 63 per cento sostiene che 15 dollari sia la cifra giusta, secondo uno studio del Pew Research Center.

Le elezioni di midterm di quest’anno si profilano promettenti per i democratici, data l’impopolarità di Trump, con buone possibilità di conquistare la maggioranza in una o forse ambedue le Camere. La campagna per l’aumento graduale del salario minimo di 15 dollari l’ora potrebbe rivelarsi una della carte vincenti per i democratici.

*Domenico Maceri è docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com)

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