di FABIO CAMILLACCI/Il ritorno in Europa è triste per la Vecchia Signora reduce da un lunga striscia positiva con la porta inviolata. In Champions League, d’altronde, rispetto al campionato italiano è difficile contro chiunque. Oltretutto, il Tottenham è una signora squadra, quarta in Premier League; col potenziale che hanno gli Spurs in Italia lotterebbero per lo scudetto. E così allo Stadium finisce 2-2 tra la Juventus e i londinesi per l’andata degli ottavi di finale. Una partita così bella però meritava un verdetto migliore per la Juventus. La fortuna non ha certo sorriso a Madama. Al di là di tutto, il 2-2 col Tottenham significa una cosa sola: bisogna andare a vincere a Wembley. Il margine per fare l’impresa c’è: la retroguardia di Pochettino non vale neanche lontanamente il resto della squadra. Nulla di nuovo, ma di certo servirà un’impresa appunto. Di quelle che se la fai ti danno lo slancio per andare fino in fondo. Spurs chiaramente favoriti ora, ma qualificazione da assegnare dopo altri 90’ a Londra che speriamo siano altrettanto belli, intensi ed emozionanti. Allegri recrimina molto, perché Higuain vede sfumare la prima tripletta in Champions, prima mancando di pochi centimetri il 3-0, poi stampando sulla traversa il rigore del possibile 3-1. Il Pipita in Europa non è neppure fortunato: passa da eroe sicuro della serata a uomo che rischia di aver compromesso il cammino in Champions. La Juve però, soprattutto se recupererà infortunati importanti, ha i mezzi per vincere in casa Tottenham.
Grande merito di questa prima fetta di ottavo di Champions così gustosa va agli Spurs. Nessuna italiana ha la loro qualità nei piedi: chi ha mai giocato una partita del genere a Torino da quando esiste la nuova casa della Juve? Sotto 2-0 con un inizio da incubo, gli inglesi giocano il loro piacevolissimo calcio, coi magnifici tre a offrire giocate deliziose. Gli Spurs stanno anche bene fisicamente, per come portano la loro pressione alta e finiscono con gambe ancora toniche. Kane è grosso, tecnico, intelligente, fa sempre il movimento giusto. Buffon lo stoppa due volte, alla terza si arrende. Dele Alli, quando si sentirà meno PhenomenAlli (inaccettabile l’atteggiamento in marcatura sul primo gol di Higuain) ha tutto per riempire le prime pagine dei prossimi 10 anni. E non si capisce perché Eriksen, di gran lunga il migliore in campo, non abbia mai giocato nel Real, nel Barça o in un altro top club. Di contro la difesa, imbarazzante in Sanchez ed Aurier, è sempre perforabile se si salta il primo pressing. Il solo Verthongen non basta a chiudere gli spifferi. Da tenere bene a mente nel piano partita di Londra. Dove la parola gestione, tanto associata alla Juve di quest’anno, andrà messa in soffitta.
Casa Juve. Allegri arriva alla partita fin qui più importante della stagione senza Dybala, Matuidi e Cuadrado. Due insostituibili e un’arma preziosa. Si presenta anche in orario, alzando di parecchio l’asticella rispetto alle prestazioni dell’ultimo mese. Dove gli avversari si chiamavano Genoa, Chievo, Atalanta, Sassuolo e Fiorentina. Pronti via ed è 2-0, col Pipita prima da copertina e poi da bocciare per il 3-0 fallito e il rigore sbagliato. Il problema è il calo del centrocampo, che torna a 2 e non accadeva dal secondo tempo di Verona, in cui né Khedira né Pjanic (assist del primo gol a parte brillano). In più c’è Douglas Costa, che ti dà in avanti (il rigore sprecato da Higuain) ma che lascia giocare Dembélé con grande agio. E se porti vicino alla porta i giocatori di Pochettino, poi la paghi. Come quando Buffon, decisivo su Kane nel primo tempo, lascia passare la punizione del 2-2 di Eriksen. Si poteva fare meglio? Forse sì. Fare meglio: sarà il leit-motiv che si riproporrà il 7 marzo a Wembley. Certamente con Dybala, forse con Matuidi. Nella speranza che la Juventus riesca a fare l’impresa.
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