di GIOVANNI PEREZ – Nella gara in corso tra i politici a chi le spara più grosse in vista delle elezioni, la palma della vittoria credo che spetti di diritto a Berlusconi. Sue le diverse mirabolanti promesse, alcune riservate agli amanti del cemento e del mattone per poter costruire dove e come vorranno., e ai siciliani di por mano, subito dopo l’immancabile vittoria, alla costruzione del ponte di Messina con la conseguente iniezione di denaro.
Colpa dell’età che lo fa straparlare – sostiene qualcuno – ma non è così. Berlusconi e i suoi consiglieri sanno benissimo che vincere o perdere alle elezioni di marzo non conterà nulla, per il semplice fatto che è difficile che una lista o una coalizione abbia una maggioranza tale da poter governare da solo. Al massimo si tratterà di mettere assieme un’alleanza provvisoria e di navigare a vista per scaricare sul “compagno di cordata” la responsabilità degli inevitabili guai e fallimenti. Questo in attesa di rifare la legge elettorale (magari anche peggiore del «rosatellum»).
Ma il vero problema sul quale tutti i partiti scivolano elegantemente, o al massimo accennano con pudore e di sfuggita, è il debito pubblico che ha raggiunto e superato i 2.278miliardi. Si tratta di una cifra così enorme che ad un normale cittadino è quasi impossibile immaginarla. Ridicole, se non fossero da piangere, le dichiarazioni di chi, a turno, ci racconta da decenni che “si sta studiando un piano di rientro da attuare il prossimo anno”, un “prossimo anno” che non arriva mai e che invece segna inesorabilmente un aggravamento.
In questa situazione suonano ridicole, se non offensive, le affermazioni di chi promette “un forte abbassamento delle tasse”, “un aiuto concreto alle famiglie in difficoltà” e via di questo passo. Certo le promesse non costano niente e comunque sarebbero talmente costose da non essere praticabili neppure in un bilancio pubblico normale. Poiché riteniamo che anche gli italiani meno informati, non credano più alle favole, ne deriva che queste promesse elettorali a vanvera finiscono per ottenere l’effetto contrario di quello sperato, cioè un aumento, rispetto alle precedenti votazioni, dell’astensione dal voto, che, secondo i recenti sondaggi, potrebbe superare il 34 per cento. Quanto all’appartenenza degli astensionisti si prevede che la fetta più rilevante, anche se di poco, possa trovarsi nell’elettorato di centrosinistra, in particolare quello del Pd deluso da Renzi, parzialmente compensata dalle altre forze di sinistra, in particolare “Liberi ed uguali”. Incerti i risultati tra Forza Italia e Lega, mentre i 5 Stelle si manterrebbero a loro volta sulla madia consolidata negli ultimi mesi.
In sostanza dalle urne non uscirebbe nessuna soluzione stabile, senza vincitori né vinti. O meglio: con tanti vincitori e un solo perdente. Il popolo italiano.
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