E’ morto a Roma, all’età di 87 anni, Luigi De Filippo. Attore, regista e commediografo, figlio di Peppino De Filippo, ultimo erede della storica dinastia, era nato a Napoli il 10 agosto 1930. Fino a metà gennaio era stato in scena, con ‘Natale in casa Cupiello‘, al Teatro Parioli di Roma di cui era direttore artistico e dove sarà allestita la camera ardente lunedì 2 aprile, dalle 15 alle 21. I funerali saranno celebrati martedì 3 aprile alle 11.30 nella Chiesa degli Artisti di piazza del Popolo a Roma.
Alessandro Gassmann ha scritto di lui: «Con Luigi De Filippo scompare l’ultimo attore e regista della più grande famiglia del teatro italiano, ma restano le loro vite ed i loro capolavori, ed è una ricchezza che non scomparirà perché parte integrante e fondamentale della cultura di questo paese”.
Finisce la storia familiare
della grande tradizione napoletana
Con Luigi De Filippo si chiude, resta senza eredi quella grande tradizione teatrale napoletana e italiana a tutti gli effetti rappresentata dalla sua famiglia che ha origine nell’altra, egualmente storica, di Eduardo Scarpetta. Figlio di Peppino De Filippo, mentre suoi zii erano Titina e Eduardo e suo cugino Luca, sentiva il valore di questa eredità, l’arte, il repertorio al cui interno era cresciuto e che lo sosteneva, tanto da confessare: “Talvolta basta l’eco di una voce, dicendo una certa battuta in scena, per sentire un brivido e avvertire che i De Filippo sono tutti lì, accanto a me”.
Non è un caso quindi che oggi, alla vigilia dell’88/o compleanno, abbia recitato sino a tre mesi fa uno dei capolavori di suo zio, ‘Natale in casa Cupiello‘ in quel teatro Parioli di Roma che nel 2011 aveva intitolato al padre riportandolo in vita con impegno e dedizione, lavorando anche con i giovani e puntando su allestimenti puliti e appunto tradizionali nel senso alto che questo termine aveva per lui. Accanto, a sostenerlo, aveva la sua ultima moglie, Laura Tibaldi, con la quale negli anni ’90 aveva già gestito il Teatro delle Muse sempre a Roma. Meno asciutto e essenziale di Eduardo, aveva ereditato la parte più vera e famigliare della vena comica e amara del padre, sia come attore, sia come autore di commedie, patendo l’essere a lungo giudicato figlio e quindi come privo di una propria novità.
Nel volto sembrava portare i tratti di tutti quanti i De Filippo, ma la voce era la sua, non quella articolata e risentita del padre, non quella chiara, insinuante e sarcastica di Eduardo, ma capace di un suo corpo preciso bonario e ironico non banale. Andando avanti con l’età si era dedicato ai ricordi dei De Filippo, scrivendo libri e costruendo recital, uno dei quali era previsto per metà aprile, in cui parlava di Eduardo col “suo teatro spietato, crudele, vero, cui avrebbero dovuto dare il Nobel, mentre quello di mio padre era più leggero e ironico” e di Titina “grande attrice e Filumena Marturano per sempre”.
Fu lui, nel 1972, che operò per un pacificazione tra il padre e Eduardo che, per divergenze artistiche, non si parlavano da anni, avvisando lo zio che con Peppino sarebbe andato a vederlo in teatro al San Ferdinando. Eduardo allora li chiamò in scena durante l’intervallo e i due fratelli si abbracciarono pubblicamente e dopo andarono a cena tutti assieme, rievocando storie famigliari e evitando, ricordava Luigi, di parlare di teatro e del proprio lavoro su cui avevano idee diverse.
Nato a Napoli il 10 agosto del 1930, Luigi, figlio d’arte (anche la madre Adele Carloni era attrice) vive da subito praticamente in teatro e sviluppa una passione musicale, grazie alla zia Titina che gli insegna a leggere gli spartiti e a suonare il pianoforte, ma il suo destino è il palcoscenico dove approda grazie allo zio Eduardo e dove ha il proprio vero debutto da adulto, a 21 anni, nel 1951 nella compagnia del padre Peppino, con cui girerà molto anche all’estero e, dal 1959 per dieci anni, collaborerà alla direzione artistica del Teatro delle Arti scoprendo “il valore sociale” del proprio lavoro.
Nel 1978 fonda una sua Compagnia di Teatro, aggiungendo un nuovo significativo tassello alla storia dei De Filippo, ottenendo subito un personale successo grazie al suo talento e a quella disciplina che aveva imparato sin da quando era accanto all’inflessibile zio Eduardo e proponendosi come uno dei depositari della grande tradizione scenica napoletana. Con la maturità artistica e l’indipendenza comincia anche a scrivere testi (aveva già iniziato aiutando il padre) che si legano alla tradizione di Scarpetta e Petito, dando dignità di commedia alla farsa e ponendo attenzione anche alle trasformazioni della famiglia e della società contemporanea, viste, in un quadro realistico, con ironia critica e un tocco di invenzione surreale. Così realtà e fantasia si fondono in testi, un po’ in lingua e un po’ in napoletano, come la favolistica ‘Commedia del Re buffone e del buffone Re‘ e i ritratti di ‘Storia strana su una terrazza romana‘ o ‘Come e perché crollò il Colosseo‘, ‘La fortuna di nascere a Napoli’ e, suo risultato forse più alto, ‘Buffo napoletano‘, apologo farsesco e amaro sul degrado dell’amata città deturpata dalla speculazione edilizia.
Tra le sue attività di successo sono da ricordare anche quello che scrive e realizza per la televisione, spesso nel ricordo del padre Peppino, la partecipazione a una cinquantina di film sino agli anni ’90 e la scrittura di vari libri, da ‘De Filippo & De Filippo’ all’autobiografia ‘Un cuore in palcoscenico‘. In queste pagine ribadisce un concetto più volte espresso sul fatto che un attore non sa mai quando possa essere il momento di ritirarsi: “E’ la nostra fortuna. Noi vorremmo scrivere la parola fine solo su quelle quattro magiche tavole del palcoscenico”, proprio come accadde a Molière, uno degli autori amati da Luigi e portati in scena più volte.
Commenta per primo