di ENNIO SIMEONE – Il Pd si sottrae al dovere di porre riparo ai danni provocati all’Italia dalla legge elettorale imposta al parlamento a colpi di fiducia e su questa linea si ritrova unito nella Direzione tenutasi oggi. Una linea che ha come bandiera la frase di Renzi, il campione delle sconfitte che in questi 4 anni hanno più che dimezzato l’elettorato del PD grazie, a una serie di sconfitte, culminate il 4 marzo scorso: «I vincitori (Lega e Cinquestelle) dimostrino di avere la capacità di fare un governo!». Intorno a questo slogan privo di fondamento (perché Lega e Cinquestelle, pur avendo ottenuto un successo elettorale di notevole entità, non hanno, ciascuno, la maggioranza assoluta dei seggi in parlamento) si sono ritrovati tutti i membri della Direzione Pd, senza le distinzioni che si erano manifestate alla vigilia, accomunati in una scelta suicida che dà la misura di un partito che se ne infischia del dovere – che invece spetta a ciascun partito – di non lasciare il paese ancora senza un governo e che dunque auspica per l’Italia, in alternativa, il «tanto peggio, tanto meglio», cioè un’alleanza tra Cinquestelle e Lega.
Insomma, invece di domandarsi quali errori madornali nella gestione del partito e del governo hanno commesso Renzi e i suoi sostenitori per perdere tanti consensi in così poco tempo, e come porvi rimedio, tutte le correnti del Pd si sono trovate unite nella scelta di «punire» gli elettori che hanno voltato loro le spalle e nell’augurarsi un fallimento di un eventuale governo che nascesse da una intesa tra i «vincitori» (che tali non sono per le ragioni che abbiano detto).
Ora tocca al presidente della Repubblica Sergio Mattarella «inventare» una via di uscita da questo vicolo cieco. Ci proverà la prossima settimana con la convocazione di un terzo giro di consultazioni velocissime, che si svolgeranno in una sola giornata, quella di lunedì, con la previsione di soli 20 minuti di tempo per ciascuna delegazione di partito, cioè il tempo per una domanda e una risposta. Che potrebbero riguardare l’ipotesi di un governo che prepari il ritorno alle urne in autunno, forse con una legge elettorale modificata. Una prospettiva poco edificante.
Nella foto il segretario reggente del Pd, Martina, mentre svolge la sua sbiadita relazione
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