di DOMENICO MACERI* – “Non vogliamo mai dare il controllo del calendario legislativo alla minoranza”. Con queste parole Paul Ryan cercava di dissuadere un gruppetto di parlamentari repubblicani dal raccogliere un numero di firme sufficiente a far passare una petizione che sottometterebbe automaticamente al voto alcuni disegni di legge sull’immigrazione. Si tratta di una procedura chiamata “discharge petition” che richiede 218 firme provenienti da 193 parlamentari democratici e 25 repubblicani. Fino a questo momento mancano 6 firme repubblicane per raggiugnere il traguardo. Per Ryan sarebbe una sconfitta perché gli toglierebbe il controllo del calendario legislativo, che gli spetta come speaker.
I leader della “sommossa” includono un gruppetto di parlamentari repubblicani moderati capeggiati da Carlos Cupelo (Florida), Jeff Denham (California) e Will Hurd (Texas), i quali hanno perso la pazienza con la leadership repubblicana, che non ha nessuna intenzione di risolvere la questione dei “Dreamers”. Si tratta, come si sa, di 800mila giovani cresciuti in America ma portati nel Paese dai loro genitori senza documenti. Il presidente Barack Obama aveva offerto loro un visto temporaneo con un ordine esecutivo nel 2012. Il presidente Donald Trump ha abrogato quell’ordine nel 2018 sfidando le due Camere a trovare una soluzione legislativa permanente. La scadenza imposta da Trump è però stata ritardata dal sistema giudiziario e il caso potrebbe andare a finire alla Corte Suprema dando più tempo ai legislatori. Con l’elezione di midterm tra cinque mesi Ryan non ha nessuna intenzione di spingere molto per risolvere la questione dei “Dreamers”, una patata bollente con seri costi politici alle urne. Ecco dunque la pressione per la “discharge petition”.
Mentre scriviamo questa nota non si sa se il gruppetto di parlamentari “ribelli” sia riuscito a trovare le altre sei firme richieste. Un esito positivo aprirebbe le porte al voto per quattro disegni di legge sui “Dreamers”. Tre di questi sono già pronti e riflettono una versione molto conservatrice, una liberal e un’altra più moderata. Un quarto disegno sarebbe a disposizione di Ryan come speaker.
Le possibilità di un percorso totalmente positivo, con un susseguente voto al Senato e la firma di Trump, sono basse. Si ricorda che nel mese di febbraio il Senato aveva tentato di approvare alcuni disegni di legge per risolvere la situazione dei “Dreamers” senza alcun esito positivo.
Non si sa come andrà a finire alla Camera. Ciononostante, l’idea di coinvolgere i democratici con una parte dei repubblicani, mettendo da parte Ryan e la maggioranza repubblicana, potrebbe essere la strada bipartisan giusta. Comunque vada, il gruppo di moderati “ribelli” ci guadagnerebbe. Anche se il disegno di legge non venisse approvato dal Senato, per poi arrivare alla scrivania di Trump per la firma, il fatto di un semplice voto aiuterebbe politicamente i fautori poiché segnerebbero “gol politici”. Un punto di grande utilità per le prossime elezioni di midterm considerando il fatto che molti di questi repubblicani moderati devono correre in distretti congressuali in bilico. Inoltre, non esiste pericolo di ritorsioni per il loro atto ribelle dato che Ryan ha già annunciato di voler lasciare la Camera e il suo incarico di speaker alla fine di questa legislatura. Per la leadership repubblicana però si tratta di un passo tutt’altro che positivo poiché il piano della “discharge petition” conferma la confusione nei vertici della maggioranza repubblicana alla Camera e soprattutto la debolezza di Ryan.
Lo speaker da parte sua ha cercato di spiegare la riluttanza a un voto sull’immigrazione dicendo che non vuole perdere un sacco di tempo se non ha assicurazioni dalla Casa Bianca che Trump firmerebbe la legge. Non ha tutti i torti: le posizioni del 45esimo presidente sulla questione dei “Dreamers” sono altalenanti con tutte le sfumature possibili: dal grande amore per i giovani immigrati all’affermazione che gli Stati Uniti accettano immigrati da “paesi di merda”.
D’altra parte, quando Barack Obama era presidente Ryan e i repubblicani approvarono una sessantina di voti per abrogare l’Obamacare, la riforma sanitaria, sapendo benissimo che l’allora presidente avrebbe imposto il suo veto. Poco importava però, dato che quei voti avevano solo lo scopo di ricordare agli elettori di tendenza repubblicana che la colpa era tutta del presidente democratico e quindi sottolineare l’importanza della conquista repubblicana della Casa Bianca. Una volta eletto Trump e raggiunto il controllo repubblicano delle due Camere, Ryan e compagnia non sono riusciti a condurre in porto la revoca della loro odiata Obamacare, paradossalmente un bene per il Paese poiché continua a fornire assicurazione medica a più di venti milioni di persone.
In passato Ryan aveva speso parole di comprensione per i “Dreamers”. Da speaker però non fatto nulla. I moderati “ribelli” non avranno successo, ma almeno, nel bene e nel male, ci stanno provando.
*Domenico Maceri professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@gmail.com).
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