Matteo Orfini, presidente del Pd, ha scritto su Facebook: «Abbiamo perso perché non abbiamo saputo imporre un’agenda e un racconto del paese, ma abbiamo giocato su un campo disegnato dai nostri avversari. A volte per nostri limiti, in altri casi per vera e propria subalternità.
Abbiamo pagato una vera e propria crisi di egemonia, per usare categorie antiche. Uno degli esempi che meglio spiega quanto sto provando a dire è proprio il tema dell’immigrazione. Quando abbiamo sostenuto che i flussi migratori mettevano a rischio la democrazia nel nostro paese abbiamo scelto di dire una cosa enorme e enormemente falsa. Quando abbiamo accettato di declinare il tema della sicurezza collegandolo esclusivamente al tema migratorio, abbiamo accettato la lettura falsa e strumentale della destra invece di contrastarla. Quando non abbiamo contrastato la campagna che dipingeva le ong come organizzazioni para-malavitose, abbiamo reso quasi impossibile il lavoro di chi ha la sola colpa di provare ogni giorno a salvare vite umane».
Ci sono voluti 82 giorni al presidente del Pd per elaborare un pensiero così elevato per spiegare la sconfitta del 4 marzo? Chissà quanto altro tempo ci vorrà all’altro Matteo, ex segretario del Pd ed ex presidente del Consiglio, per elaborare la sua analisi. Nel frattempo – in risposta all’enfatico slogan (“Sarò l’avvocato del popolo italiano“) con cui ha pubblicamente esordito Giuseppe Conte all’annuncio dell’incarico ricevuto da Mattarella di formare il nuovo governo – ha replicato: «E noi ci costituiremo parte civile!». Ma siamo certi che il neo-senatore di Rignano sia laureato in legge? O davvero vuole costituirsi “parte civile” contro il popolo italiano? Semmai è il popolo italiano che dovrebbe costituirsi parte civile contro di lui.
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