GOVERNO E OCCUPAZIONE/ Di Maio presenta il “Decreto dignità” contro il precariato e per l’annullamento del Jobs Act

Il ministro del lavoro Luigi Di Maio parla con i giornalisti in occasione della giornata conclusiva del Festival del Lavoro 2018 a Milano il 30 giugno (foto Ansa di Flavio Lo Scalzo)

“Con il decreto dignità arriva la Waterloo del precariato”: il vice premier Luigi Di Maio, dopo un mese passato all’ombra del dossier migranti e dell’altro vice premier Matteo Salvini, si riprende la scena in un lunedì di inizio luglio che lo vede passare, in una manciata di ore, dalle vertenze sindacali al decreto dignità: ovvero il primo provvedimento, di fatto, del governo giallo-verde. Ed è un provvedimento di chiaro segno pentastellato, che vieta la pubblicità sui giochi e limita le delocalizzazioni. Un decreto che, soprattutto, sferra un primo colpo al Jobs Act incassando, tra più di un dubbio, il placet del gruppo parlamentare della Lega.

Non è una gestazione facile quella del decreto dignità. I problemi con le coperture, soprattutto relativamente allo stop alle pubblicità sui giochi, restano sul tavolo del governo fino all’ultimo e, nel corso della giornata, i contatti tra Tesoro, Mise e Palazzo Chigi sono fittissimi. Con il M5S che conferma al ministro dell’Economia Giovanni Tria l’intenzione di andare fino in fondo. Anzi, nella tarda mattinata Di Maio opta per superare le bozze che circolavano, forzando la mano sul tema del precariato e aumentando la stretta sulla pubblicità ai giochi, che esclude i contratti in essere solo fino al 30 giugno 2019, a prescindere dalla loro scadenza.

Nel corso del pre-consiglio al testo del decreto vengono aggiunti alcuni punti, come la riduzione da 36 a 24 mesi dei contratti a termine con causale (senza la quale la durata massima viene ridotta a un anno) o l’aumento del 50% all’indennizzo per i licenziamenti senza giusta causa. Tutte norme con cui il governo scardina il decreto Poletti e, in parte, il Jobs Act nel giorno in cui, attacca Di Maio, i dati Istat consegnano “un record di precariato e non di occupazione”. Risultano invece smussati il punto delle delocalizzazioni (la norma non coinvolge i contratti in essere, le aziende perdono i fondi se lasciano l’Italia prima di 5 anni) e quello dell’abolizione dello split payment (solo per i professionisti).

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