Nello stabilire l’assegno di divorzio “si deve adottare un criterio composito” che tenga conto “delle rispettive condizioni economico-patrimoniali” e “dia particolare rilievo al contributo fornito dall’ex coniuge” al “patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all’età”. Lo hanno stabilito le Sezioni Unite della Cassazione sciogliendo un conflitto di giurisprudenza dopo che la sentenza Grilli aveva escluso il parametro del “tenore di vita”. La decisione era attesa dal 10 aprile.
Le Sezioni Unite civile della Cassazione nella sentenza 18287 precisano che all’assegno di divorzio deve attribuirsi una funzione insieme “assistenziale, compensativa e perequativa”. Il “criterio integrato” individuato si fonda “sui principi costituzionali di pari dignità e di solidarietà che permeano l’unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo”. Infatti la sentenza sottolinea che “il contributo fornito alla conduzione della vita familiare costituisce il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi, libere e responsabili, che possono incidere anche profondamente sul profilo economico patrimoniale di ciascuno di essi dopo la fine dell’unione matrimoniale”. “Lo scioglimento del vincolo – scrivono i giudici – incide sullo status ma non cancella tutti gli effetti e le conseguenze delle scelte e delle modalità di realizzazione della vita familiare”. Pertanto, “l’adeguatezza dei mezzi deve essere valutata non solo in relazione alla loro mancanza o insufficienza oggettiva ma anche in relazione a quel che si è contribuito a realizzare”.
Commenta per primo