di NUCCIO FAVA – Sono molti gli anni in cui il momento delle nomine rappresenta in Italia la tentazione della grande ammucchiata e anche lo scoppio dei contrasti e delle differenze all’interno delle forze che danno vita a un governo. Pur con tutte le declamazioni di novità e di un voltar pagina rispetto al passato, si ricade puntualmente negli errori della politica di sempre, specie se c’è l’urgenza di primeggiare e di volere comunque apparire migliori e più audaci degli altri componenti la coalizione.
Quanto alla grande ammucchiata, resta esemplare e costante la spartizione tra quanti intendono dimostrare comunque un loro ruolo (anche stando all’opposizione) e quanti vorrebbero soprattutto impossessarsi delle leve di controllo della Rai con un occhio particolare ai tg e ai giornali radio. L’alibi di tutti è che in ogni caso le stesse nomine sono espressione delle forze parlamentari e del loro pluralismo a garanzia di tutti fingendo di ignorare che presidente e direttore generale, quest’ultimo rafforzato nei suoi poteri dai tempi di Renzi, sono nominati dal governo e rappresentano ovviamente il cuore delle decisioni e del comando dell’intera azienda. Decisioni che hanno impedito agli italiani di assistere ad una sola partita dei mondiali di Russia se non ricorrendo alle trasmissioni sportive di Mediaset.
L’astuto e competente Berlusconi si è accaparrato tutte le partite e, conoscendo bene i gusti degli italiani, ha deciso di trasmettere in “chiaro” tutte le partite con ottimi risultati di pubblicità e di ascolto.
L’errore madornale dei dirigenti Rai è stato quello di ritenere che, assente l’Italia dalla competizione, il pubblico si sarebbe disinteressato del pallone mondiale. Errore grottesco in un paese che si esalta sino al parossismo per l’acquisto di Ronaldo dalla Juventus, e già nume protettore di tutti gli italiani. Non serve infatti solo cultura e conoscenza, sensibilità storica e civile, ma anche una qualche esperienza manageriale per promuovere scelte adeguate. Berlusconi ha mostrato nel suo campo di avere fiuto per gli affari e per lo spettacolo, e ha stravinto, mentre il servizio pubblico ha brillato per omissione.
Invece, mentre si tratta e si lavora sottobanco per congelare l’indigesto minestrone cui abbiamo assistito, nessuna seria riflessione viene effettuata sulla delicatezza, sulla fondamentale responsabilità e sui compiti del servizio pubblico. Certo i social hanno allargato a dismisura le possibilità di comunicare e connettersi. Sappiamo però quanti rischi comportano e come la stessa tv cosiddetta generalista dovrebbe contribuire ad un migliore e qualificato uso di tutti i media e del loro ruolo per far crescere la stessa consapevolezza culturale e civile di tutto un popolo, assalito dai rischi di uno sfrenato egoismo e di desolanti perdite di tempo e di energie, anche tra i giovani.
Ma la nuova maggioranza è alle prese con decisioni più gravi: la nomina dei vertici di Crediop, l’elezione dei giudici del consiglio superiore della Magistratura e di un giudice costituzionale. Anche queste operazioni di enorme rilievo istituzionale avvengono spesso con grave ritardo e dopo inevitabili ed estenuanti trattative. Del resto è stato rinviato il vertice convocato dal presidente Conte con Salvini e Di Maio per decidere su Crediop. Salvini però evidentemente non era d’accordo e ha voluto sottolinearlo col solito garbo: ”Non ne sapevo nulla, né della convocazione, né del rinvio”. Anche sul contrasto Inps-ministero del Lavoro sull’ipotesi degli 8000 posti di lavoro annui a rischio che il “Decreto dignità” le differenze tra leghisti e pentastellati sono emerse, con il capo leghista che chiedeva le dimissioni di Boeri, mentre Di Maio più istituzionale si rammaricava della falsità della notizia senza chiedere però la “testa” di Boeri.
Insomma non spira un buon vento nelle vele della collaborazione tra Lega e Cinquestelle. C’è però una qualche reazione del presidente del Consiglio, forse stufo di apparire vaso di coccio tra due vasi che si ritengono di ferro. Non è comunque uno spettacolo edificante e non sarà comunque facile venirne fuori.
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