La Cassazione conferma l’ergastolo a Bossetti per l’uccisione di Yara, rifiutando la ripetizione dell’esame del dna (unica “prova” che lo accusa)

La Cassazione ha confermato l’ergastolo per Massimo Giuseppe Bossetti, condannato in primo e secondo grado per l’omicidio di Yara Gambirasio, la giovane ginnasta di 13 anni il cui corpo venne trovato il 26 febbraio 2011 in un campo a Chignolo d’Isola, nel Bergamasco, a pochi chilometri da Brembate di Sopra, dove la ragazza viveva e da dove era scomparsa tre mesi prima.

Massimo Giuseppe Bossetti, il carpentiere di Mapello condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio in attesa di avvicinarsi all’urna con le spoglie di Papa Giovanni XXIII nel carcere di Bergamo, 24 maggio 2018.(foto Ansa di Gianpaolo Magni)

La prima sezione penale della Cassazione, presieduta da Adriano Iasillo, ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla difesa di Bossetti, condannando l’imputato al pagamento delle spese legali. La Corte ha anche dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla Procura generale di Brescia contro l’assoluzione dal reato di calunnia per Bossetti.

“Leggeremo le motivazioni – ha detto l’avvocato Claudio Salvagni, difensore di Bossetti – le decisioni si rispettano e si impugnano nelle sedi opportune. In questo momento dobbiamo solo piegarci a questa sentenza, ma continuiamo a credere che Massimo sia innocente”. Ha quindi aggiunto che “il processo mediatico nuoce: ci voleva molto coraggio a prendere una decisione contro la sentenza d’appello”.

Era inevitabilmente incentrato sulle presunte lacune nell’esame del Dna il ricorso di oltre 600 pagine che i difensori di Bossetti avevano presentato alla Cassazione alla quale i legali di Massimo Bossetti chiedevano l’annullamento della condanna all’ergastolo.

Gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini sviluppavano nel ricorso 23 motivi per cercare di dimostrare l’estraneità di Bossetti al delitto attaccando la cosiddetta “prova regina” – cioè il dna del muratore ritrovato sul corpo della vittima – contestando, soprattutto, il fatto che sia stato estratto senza rispettare le cosiddette best pratices previste dalla comunità scientifica. Chiedevano perciò la ripetizione di quell’esame. La Cassazione ha confermato il no. Rimangono perciò, in larga parte dell’opinione pubblica che ha seguito la vicenda, anche dopo il terzo grado di giudizio, i dubbi che hanno accompagnato le indagini e i processi sulla colpevolezza di Bossetti.

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