Il 10 novembre del 2011 il «Il Sole-24ore» andò in edicola con un titolo a caratteri cubitali: «Fate presto». Era il grido di allarme (benché senza punto esclamativo) del più autorevole quotidiano economico italiano (e tra i più autorevoli in Europa) per segnalare l’urgenza di dare una svolta alla crisi politica che stava trascinando il nostro paese in una crisi economica senza precedenti dopo quella mondiale del 1929. Direttore di quel giornale (e autore di quel titolo) era allora Roberto Napoletano, un giornalista che da giovanissimo ha fatto la gavetta in quella fucina di cronisti che era «Il Giornale di Napoli» e che ha sfornato professionisti di talento arrivati fino ai vertici dei mezzi d’informazione nazionali. Il suo allarme, che ebbe un’eco fin sulle pagine del «New York Times», fu raccolto in Italia dal suo quasi omonimo presidente della Repubblica, che convinse l’allora capo del governo Silvio Berlusconi a cedere Palazzo Chigi alla drastica cura del professore Mario Monti, nominato senatore a vita in vista dell’incarico di presidente del Consiglio.
Oggi Roberto Napoletano – che da poco più di un anno ha lasciato quel ruolo – ripropone lo stesso allarme in un libro con il titolo «Apriamo gli occhi», anch’esso senza il punto esclamativo, che però è reso esplicito dal sottotitolo: «Perché i nostri risparmi sono in pericolo».
Il testo, una sorta di «lettera agli italiani», è un originale ed efficacissimo incrocio tra la perorazione politica e l’analisi economico-finanziaria fondate su una tesi che fornisce una lettura senza veli del momento delicatissimo – anche perché inedito – che l’Italia sta vivendo in seguito agli sviluppi non previsti (e non prevedibili) del voto del 4 marzo.
Quel voto ha generato – anche per la cecità «vendicativa» del principale sconfitto di quella competizione elettorale, il Pd di Renzi – la formazione di un governo bi-cefalo fondato sulla alleanza innaturale tra due forze politiche tra loro estranee e addirittura contrapposte per storia, per formazione, per radicamento sociale e geografico, per etica, per obiettivi, insomma per sostanza politica. Due alleati, cioè, che saranno di nuovo su fronti contrapposti nelle elezioni europee, in programma tra sei mesi ma con una nuova campagna elettorale che di fatto è già in corso.
E queste due forze – entrambe d’impronta «populista», ma una (la Lega) con accentuazione «sovranista», l’altra (il M5s) con accentuazione sommariamente «pauperista» – stanno scommettendo su un tentativo ardito di governare insieme l’Italia. È un tentativo visto ancora con favore (secondo tutti i sondaggi) dalla maggioranza dell’opinione pubblica italiana, soprattutto per sfiducia nella politica del passato, ma con legittima e motivata preoccupazione dall’autore di questo saggio.
Roberto Napoletano coglie, documenta e contesta i pericoli che possono derivare all’Italia dallo stridente contrasto tra gli arroganti e autolesionisti vaniloqui elettoralistici dei due «azionisti» del governo giallo-verde (Di Maio e Salvini) e una analisi impietosa, ma rigorosamente documentata, della realtà italiana ed europea. E invita tutti a riflettere e ad attrezzarsi per fronteggiare quei rischi. Perciò quel titolo rivolto a tutti, in prima persona plurale – «Apriamo gli occhi» – cioè rivolto a noi stessi e al nostro governo. Che, sempre secondo i sondaggi, pur godendo della fiducia del 60% degli italiani, viene invitato da una maggioranza ancor più consistente di cittadini a correggere la manovra economica assecondando la richiesta dell’Unione Europea e gli sforzi del ministro Tria e la faticosa mediazione del presidente Conte. Diversamente incombe sull’Italia il rischio del «Cigno nero» e, stavolta, senza la protezione del «Cavaliere bianco»: due metafore che sono anche i titoli di due saggi precedenti, che l’autore ha trasferito in uno spettacolo teatrale portato in tournée in tutta Italia. Per la traduzione di quelle due metafore vi invitiamo alla lettura dell’agile ma istruttivo saggio di Roberto Napoletano edito da La nave di Teseo. Con una avvertenza: non c’è nell’autore alcun compiacimento, né catastrofismo. Il primo ad augurarsi che le sue previsioni vengano invertite dal ravvedimento di chi ci governa, e non si avverino, è lui stesso.
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