di GIACOMO CESARIO – Era il 22 gennaio del 1506 quando arrivava a Roma il primo contingente di Guardie Svizzere per prendere servizio in Vaticano con il compito di difendere – secondo la volontà di papa Giulio II (foto) – la “sacra persona” del Vescovo di Roma ovunque egli si trovi. E quando Paolo VI – un secolo dopo la storica breccia di Porta Pia (20 settembre 1870), che segnò la fine del potere temporale dei papi – annunciò di voler sciogliere tutti i Corpi armati pontifici che ancora restavano nel piccolo stato vaticano, l’unico che non inserì nella lista, e lo mantenne in vita, fu quello delle Guardie Svizzere.
La novità sollevò qualche critica dentro il Vaticano, 44 ettari di territorio per un concentrato di storia lunga quasi un secolo quanto mai tranquillo e gratificato rispetto a molte epoche passate. Qui, in uno dei luoghi più noti del mondo, storia, arte e natura si fondono e da qui, grazie anche ad accurati studi delle strutture e delle fonti d’archivio, si ha modo di ripercorrere tutte le trasformazioni che l’hanno visto protagonista col mutare dei tempi.
Fu Pio XI, con la creazione nel 1929 della Città del Vaticano, a dare avvio con sensibilità culturale a grandi opere e modifiche adeguate alle nuove esigenze dettate dal Concordato tra lo Stato italiano e la Chiesa. Ciò facendo, coadiuvato, nelle scelte, da un gruppo di architetti e urbanisti di genio, intese con impegno ai restauri di quei monumenti storici rimasti in piedi nei secoli a dominare il territorio vaticano, erede unico e custode di capolavori di bellezza, di cui il tempo proprio qui ha lasciato tracce.
Vi sorge ancora una piccola e antica chiesa, che già esisteva ai tempi di Papa Leone III (795-816), cara a tutti gli svizzeri che risiedono a Roma: è la chiesa di San Pellegrino, anacoreta venuto dal nord, che è stata per secoli cappella della Guardia svizzera pontificia, con annesso piccolo camposanto per gli alabardieri e gli ufficiali elvetici che sono morti a Roma. E ancora sopravvivono alcuni vecchi cipressi di quel piccolo camposanto storico, poco distante dal cortile di San Damaso, sul quale ogni anno, il 6 di maggio, si tiene il giuramento delle nuove reclute, tutte di nazionalità elvetica, ricorrendo l’anniversario del sacco di Roma del 1527 allorché i lanzichenecchi, cioè “servi delle campagne”, quasi tutti tedeschi, armati e furibondi, presero d’assalto il Vaticano e si scatenarono contro il papa Clemente VII de’ Medici, che riuscì a rifugiarsi in Castel Sant’Angelo attraverso il passetto che costeggiava l’antico abitato, ossia un corridoio segreto lungo quasi un chilometro, che porta dai palazzi apostolici direttamente alla fortezza sul Tevere.
Di guardie svizzere che, nei dintorni, si sacrificavano per tentare di cacciare da Roma i mercenari ribelli, ne caddero 147, mentre 42 si salvarono nel Castel Sant’Angelo col Papa dove si portavano un po’ di provviste, mentre la gente fuori cercava di entrarvi per sfuggire al massacro. Come si può leggere in una cronaca del tempo, “gli svizzeri si erano posizionati dapprima vicino all’obelisco, poi si erano fermati nei pressi del Castello. Furono fatti a pezzi. Il loro capitano, gravemente ferito, veniva trucidato davanti agli occhi della moglie da alcuni soldati che avevano fatto irruzione nella sua casa…”.
Nei giorni dopo la grande parata militare, le nuove guardie, che hanno scelto, giurando fedeltà, di far parte del corpo armato più antico e prestigioso che da tutto il mondo si viene ad ammirare, verranno impiegate in particolari servizi di ordine e di vigilanza. E così eccole munite di alabarda, in abiti complicatissimi colore blu, giallo e rosso, che si dice ideati da Michelangelo e che colpiscono anche per la sontuosità e la ricchezza di stoffe. Si vedranno sfilare in forma solenne sia nei riti in basilica che nelle cerimonie pubbliche, o in occasione della tradizionale processione del Sacramento lungo i viali dei giardini del Vaticano, accompagnata non solo da canti, ma anche con la banda musicale della Guardia Palatina che intona l’Inno pontificio.
Tra i corpi armati pontifici disciolti nel 1970 figurano sia la Guardia Palatina che la Guardia Nobile di Sua Santità, fondata da Pio VII nel 1801 con la denominazione di “Guardia Nobile del Corpo di Sua Santità”, poiché tutti “non corrispondono più alle necessità per le quali essi erano stati istituiti”: così Paolo VI nel provvedimento trasmesso con una lettera al cardinale segretario di Stato, Jean Villot, datata 14 settembre 1970.
La Guardia Palatina, istituita per volontà di Pio IX nel 1850, nasceva dalla aggregazione di due già esistenti corpi civili detti “Milizia Urbana” e “Scelta Civica”. E in considerazione della fedeltà e degli ideali che lo hanno sorretto nel suo servizio alla Sede Apostolica, lo stesso Pio IX volle, successivamente, insignire il corpo del titolo inestinguibile “d’onore” dotando il medesimo di un corpo bandistico e di una bandiera. E ancora oggi c’è una scritta col ricordo della fondazione: “Dalle schiere dei volontari – della Milizia Urbana e della Civica Scelta – Pio IX Pontefice Massimo – con decreto del 14 dicembre 1850 – formava la Guardia Palatina D’Onore – perché intorno alla Cattedra di Pietro – termine fisso e sacro – a tutta la Gloria degli Avi – vegliassero in armi i figli – di quella Roma onde Cristo è Romano…”.
Per la verità, i primi segnali della volontà di sopprimere ciò che rimaneva dei corpi armati pontifici, eccetto la antichissima guardia svizzera, che continuerà ad assicurare il servizio, si ebbero alla fine degli anni ‘50 quando Giovanni XXIII invitò la Guardia Nobile a deporre le sciabole durante le funzioni papali e la Guardia Palatina d’onore a lasciare i fucili in caserma durante lo svolgimento dei servizi nelle basiliche dell’Urbe. Lo stesso Paolo VI, nell’ambito di un’opera di semplificazione delle strutture interne dello Stato, fece abbandonare l’uniforme napoleonica della Gendarmeria poiché troppo vistosa forse per via del cappello.
Il corpo della Gendarmeria, che all’interno delle mura vaticane assolve le funzioni di polizia, era stato costituito nel 1816 da Pio VII col nome di “Carabinieri Pontifici”, modificato nel 1849 da Pio IX in “Gendarmeria Pontificia”. Fu Paolo VI a stabilire l’istituzione di un analogo organismo civile, ossia un ente non militare, che, per i particolari compiti da svolgere, si chiamò Ufficio Centrale di Vigilanza, modificato successivamente in Corpo di Vigilanza dello Stato della Città del Vaticano.
Nel 2003, Giovanni Paolo II, su proposta della pontificia commissione del Governatorato, approvò la denominazione di Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano. Adempie tuttora a funzioni inerenti la vigilanza all’interno della Città-Stato e nelle zone extraterritoriali appartenenti alla Santa Sede ed è impegnato nella prevenzione e repressione dei reati e nello svolgimento di servizi di polizia giudiziaria e di frontiera. Il prestigioso Corpo, che ha per patrono San Michele Arcangelo, si avvale, nel proprio servizio, dell’assistenza della Guardia Svizzera e del Corpo dei Vigili del fuoco già esistenti nello Stato pontificio col nome di “pompieri”.
Tutto naturalmente si muove attorno alla sovranità del Papa nel piccolo Stato vaticano, uno dei luoghi più ambiti, dove non si entra liberamente, e che conserva ancora non poche particolarità. A cominciare dalla sua collocazione nel territorio italiano, senza dimenticare la finalità della sua missione storicamente e spiritualmente rilevante, essendo qui la tomba di Pietro (Petros eni), primo Papa, luogo religioso di riferimento per la cristianità.
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