Domani (mercoledì 30 gennaio) il Senato sarà chiamato a decidere se accogliere o meno la richiesta di autorizzazione a procedere avanzata dal Tribunale dei ministri contro il ministro dell’Interno Matteo Salvini per aver impedito lo sbarco di 177 migranti raccolti in mare al largo della costa libica dalla nave “Diciotti” della Guardia costiera italiana nel Mediterraneo dopo un naufragio (“programmato” dagli scafisti libici) del precario natante sul quale i trafficanti di esseri umani, previo lauto pagamento, li avevano caricati con il miraggio di traghettarli verso le sponde di un paese aderente all’Unione Europea (preferibilmente l’Italia).
Le forze politiche rappresentate a Palazzo Madama hanno manifestato finora confusamente – ad eccezione della Lega, di cui Salvini è il leader – il comportamento che intendono tenere, ovviamente partendo da motivazioni diverse. Soprattutto il M5s appare in imbarazzo al suo interno trovandosi a dover scegliere fra tre motivazioni contrapposte: 1. il vincolo del “contratto di governo” che lo unisce a Salvini; 2. il principio, che è nel suo dna, secondo cui la magistratura deve essere libera di giudicare i politici e i politici devono sentirsi vincolati a questo principio (cosa ribadita fino a ieri dallo stesso Salvini); 3. l’ammissione (di segno opposto) degli stessi ministri M5s che il comportamento del ministero dell’Interno nella vicenda della nave “Diciotti” fu il frutto di una decisione non individuale ma collettiva di tutto il governo.
Ed è proprio a questa terza considerazione che si richiama Matteo Salvini in una lettera che ha inviato al direttore “Corriere della sera”, che l’ha pubblicata questa mattina e che riportiamo integralmente perché anche i nostri lettori possano farsi un’opinione sulla linea di condotta del ministro dell’Interno e del suo stesso mutamento di opinione sulla materia che il Senato dovrà affrontare.
Eccola.
«Caro direttore, la mia vicenda giudiziaria è strettamente legata all’attività di Ministro dell’Interno e alla ferma volontà di mantenere gli impegni della campagna elettorale. Avevo detto che avrei contrastato l’immigrazione clandestina e difeso i confini nazionali. Faccio parlare i numeri. Nel 2018 ci sono stati meno morti, 23.370 sbarchi contro i 119.369 dell’anno precedente. Il trend è confermato anche dalle prime settimane del 2019. Dall’inizio dell’anno a ieri si sono registrati 155 arrivi sulle nostre coste. Nello stesso periodo di un anno fa gli sbarchi furono 3.176. Non solo. Per la prima volta dopo anni, i rimpatri (306) sono superiori agli arrivi. E ancora. Nel 2018 gli immigrati in accoglienza erano 183 mila, oggi scesi a 133 mila. Calano gli immigrati, aumentano i risparmi. Risultato: abbiamo liberato risorse significative, subito investite per un piano di assunzioni straordinario per circa 8 mila donne e uomini delle forze dell’ordine.
Detto questo, vorrei parlare della vicenda giudiziaria perché ritengo importante non siano date versioni distorte. Non intendo sottrarmi al giudizio. Il Tribunale dei ministri di Catania mi accusa di «sequestro di persona» perché avrei bloccato la procedura di sbarco degli immigrati dalla nave Diciotti. Attenzione: non si tratta di un potenziale reato commesso da privato cittadino o da leader di partito. I giudici mi accusano di aver violato la legge imponendo lo stop allo sbarco, in virtù del mio ruolo di ministro dell’Interno. In altre parole, è una decisione che non sarebbe stata possibile se non avessi rivestito il ruolo di responsabile del Viminale.
Voglio anche sottolineare che, ai sensi dell’articolo 9, comma terzo, della legge costituzionale n. 1/1989, il Senato nega l’autorizzazione «ove reputi, con valutazione insindacabile, che l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di Governo».
La valutazione del Senato è pertanto vincolata all’accertamento di due requisiti (ciascuno dei quali di per sé sufficiente a negare l’autorizzazione): la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante o il perseguimento di un preminente interesse pubblico. Il Senato non è chiamato a giudicare se esista il cosiddetto fumus persecutionis nei miei confronti dal momento che in questa decisione non vi è nulla di personale. La Giunta prima, e l’Aula poi, sono chiamati a giudicare le azioni di un ministro. Altrettanto chiaro è che il Senato non si sostituisce all’autorità giudiziaria, bensì è chiamato esclusivamente a verificare la sussistenza di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante o di un preminente interesse pubblico.
Dopo aver riflettuto a lungo su tutta la vicenda, ritengo che l’autorizzazione a procedere debba essere negata. E in questo non c’entra la mia persona. Innanzitutto il contrasto all’immigrazione clandestina corrisponde a un preminente interesse pubblico, posto a fondamento di precise disposizioni (si veda in particolare l’articolo 10-bis d.lgs. n. 286/1998, che punisce il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato) e riconosciuto dal diritto dell’Unione europea. Basti pensare che l’articolo 79 paragrafo primo, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea afferma: «L’Unione sviluppa una politica comune dell’immigrazione intesa ad assicurare, in ogni fase, la gestione efficace dei flussi migratori, l’equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri e la prevenzione e il contrasto rafforzato dell’immigrazione illegale e della tratta degli esseri umani».
In secondo luogo, ma non per questo meno importante, ci sono precise considerazioni politiche. Il governo italiano, quindi non Matteo Salvini personalmente, ha agito al fine di verificare la possibilità di un’equa ripartizione tra i Paesi dell’Ue degli immigrati a bordo della nave Diciotti. Questo obiettivo emerge con chiarezza dalle conclusioni del Consiglio europeo del 28 giugno del 2018 (precedente ai fatti a me contestati), in cui si legge che «per smantellare definitivamente il modello di attività dei trafficanti e impedire in tal modo la tragica perdita di vite umane, è necessario eliminare ogni incentivo a intraprendere viaggi pericolosi. Occorre a tal fine un nuovo approccio allo sbarco di chi viene salvato in operazioni di ricerca e soccorso, basato su azioni condivise o complementari tra gli Stati membri». E ancora: «Nel territorio dell’Ue coloro che vengono salvati, a norma del diritto internazionale, dovrebbero essere presi in carico sulla base di uno sforzo condiviso e trasferiti in centri sorvegliati istituiti negli Stati membri, unicamente su base volontaria».
In conclusione, non rinnego nulla e non fuggo dalle mie responsabilità di ministro. Sono convinto di aver agito sempre nell’interesse superiore del Paese e nel pieno rispetto del mio mandato. Rifarei tutto. E non mollo. Matteo Salvini»-
Le reazioni nel M5s: diversità di pareri
La scelta di Salvini ha creato, inevitabilmente, reazioni di vario tenore. Eccone alcune. “E’ evidente – dice a Radio Anch’io il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano – che Salvini abbia cambiato idea o almeno il suo avvocato…Noi M5S lavoriamo con coerenza e abbiamo sempre dato l’autorizzazione a procedere“, ma, detto questo, “Conte e Di Maio hanno detto chiaramente che sono dispostissimi a farsi processare insieme, credo che debbano essere parte del processo perché c’è stata una scelta collegiale di tutto governo”.
Stessa linea dal ministro Danilo Toninelli espressa su “Mattino cinque“: “Sul caso Diciotti abbiamo preso insieme, io, lui, il presidente del Consiglio e l’intero governo italiano la decisione: se processano Salvini, devono processare anche me e tutto il governo“.
“Io adesso – dice invece ad Agorà il parlamentare M5s Emilio Carelli – non so se voteremo sì o no, perché le cose son cambiate in queste ultime ore. Ripeto, a mio parere dobbiamo aspettare quello che si diranno poi Salvini e Di Maio in queste ore. Penso che noi dobbiamo innanzitutto prendere nota di questo cambiamento di opinione. E’ giusto e anche lecito che una persona possa cambiare opinione. Quindi Salvini chiede ora di non venga data l’autorizzazione a procedere. Devo ricordare che il M5S non ha mai negato in passato l’autorizzazione a procedere. Quindi c’è una prassi del Movimento. Detto questo, dobbiamo ricordare che la decisione sul caso Diciotti fu collegiale, non fu solo di Salvini. Quindi Conte e Di Maio si dovrebbero ricordare di essersi associati a questa decisione e chiedere a loro volta di essere processati”.
La presidente della Commissione Giustizia della Camera, Giulia Sarti (M5S) a sua volta commenta: «Salvini ha chiesto libertà di coscienza, che però non è la nostra posizione. Avete già visto quello che ha dichiarato il vicepremier Di Maio domenica sera: la nostra posizione sulle autorizzazioni a procedere credo sia risaputa. Poi che questo sia un caso particolare nessuno lo mette in dubbio, è stata una scelta condivisa anche con altri ministeri e con il governo».
Dal Pd (come al solito) una mano a Salvini
Il Pd – sempre impegnato a dare il suo contributo a Salvini nell’incrementare i consensi e a spingerlo in su nei sondaggi – si esprime attraverso Maurizio Martina, il quale così scrive su twitter: «Sequestrare persone in mare o in un porto non ha nulla a che fare con l’interesse pubblico. È contro la Costituzione. Salvini gioca allo sceriffo, si sente sopra la legge, ma poi vuole lo scudo del Senato. Si difenda nel processo e non dal processo». Martina non precisa, ma potrebbe anche spingersi ad accusare Salvini di…”alto tradimento”. Se non si sbriga potrebbe bruciargli l’idea il senatore Matteo Renzi.
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