Salvini sulle orme di Annibale

di SERGIO SIMEONE* – Ricordate Zama? Un capolavoro del genio militare romano: Annibale, dopo aver valicato le Alpi, ha sbaragliato, uno dopo l’altro,   tutti gli eserciti romani che gli sono andati contro e minaccia di dare l’assalto finale all’Urbe. Chiunque altro avrebbe schierato le forze residue a difesa della città. Ma Scipione fa invece una cosa incredibile. Organizza un altro esercito e lo porta in Africa a minacciare  a sua volta Cartagine. Annibale ritorna precipitosamente in Africa per difendere la sua città e si scontra con Scipione in battaglia uscendone definitivamente sconfitto.

Matteo Salvini ha fatto il Liceo classico e queste cose le sa. E dal momento che tutti lo considerano un grande stratega ha deciso di seguire le orme del grande condottiero romano. In che senso? Nel senso che, essendo in questa fase in forte competizione con un movimento politico fondato da un noto comico, ha deciso di sfidarlo sul suo terreno, quello della comicità.

Ha cominciato in un primo momento a giocarsi la carta dei travestimenti. Ha pensato, lui che è ministro dell’interno, una figura tradizionalmente grigia, di travestirsi da poliziotto, pompiere, conduttore di ruspa, ecc. . Era convinto che tutti lo avrebbero accostato a Totò, che in “Miseria e Nobiltà” si trasforma, grazie ad un abile travestimento, in un aristocratico pieno di albagia e si sarebbero sganasciati  dalle risate. Ma non gli è andata troppo bene perché  quel rompiscatole di Roberto Saviano gli si è rivoltato contro riuscendo a trascinarsi dietro un stuolo di costituzionalisti che lo hanno aspramente criticato contestandogli la legittimità di usare le divise di corpi a cui non appartiene.

Ma Salvini è un osso duro. Non demorde tanto facilmente dai suoi propositi. Ha deciso di giocarsi la carta del paradosso. Ha lanciato perciò l’idea di incentivare i matrimoni religiosi rendendoli convenienti economicamente. Mentre la formulava, già si immaginava e pregustava la gag a suo corollario: i due sposini si recano dal parroco per concordare la data del matrimonio ed il parroco li saluta con il canonico “pace e bene”. Ma gli sposini rispondono “Veramente padre  preferiremmo pace et bonus”. E tutti e tre si fanno una bella risata.

Sappiamo che Salvini conta molto questa volta sul successo della gag. Ma noi abbiamo un forte timore: che salti fuori uno Zagrebelski a fare un noioso pistolotto sulla laicità dello Stato o un Vescovone che  ricordi al Ministro che fare commercio delle cose sacre (e per la Chiesa il matrimonio celebrato in Chiesa è un sacramento) è peccato mortale.

Morale della favola. I radical chic sostengono che da quando Salvini occupa la scena politica in Italia c’è un clima pesante, cupo e rancoroso. Eppure il Capitano ne inventa una al giorno per farci ridere.

*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stata dirigente del Sindacato scuola della Cgil

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