di DOMENICO MACERI*. – “Caso chiuso”. Così ha tuonato Mitch McConnell, senatore del Kentucky e presidente della maggioranza repubblicana al Senato, per farla finita una volta per tutte con le indagini del Russiagate. McConnell ha insistito che il rapporto di Robert Mueller, il procuratore speciale sulle indagini dell’interferenza russa nell’elezione americana del 2016, segna l’ora di voltare pagina. Qualche giorno dopo, però, il senatore Richard Burr, repubblicano del North Carolina e presidente della commissione Intelligence, ha inviato una subpoena, un atto di comparizione a Donald Trump Jr., figlio del presidente, per chiarire risposte già date che alla luce di altre informazioni potrebbero rivelare contraddizioni. Burr è repubblicano e alcuni membri del suo partito lo hanno criticato ma il senatore del North Carolina ha spiegato che il figlio maggiore del presidente non si era presentato volontariamente a testimoniare il mese scorso e il subpoena è stata l’ultima carta da giocare.
McConnell ha fatto marcia indietro dichiarando che lui continua ad avere fiducia su Burr. I leader democratici della Camera non hanno cambiato rotta invece e continuano a scavare per chiarire il significato del rapporto di Mueller rilasciato in forma censurata da William Barr, il ministro di Giustizia. Barr ha cooperato ma solo in parte e i democratici hanno aumentato il volume con le loro indagini che vanno al di là del Russiagate includendo anche le finanze, gli affari, e la politica del presidente. Il Washington Post ha calcolato almeno venti inchieste alle quali il presidente ha deciso di opporsi con tutte le sue forze avvertendo i suoi collaboratori a non presentarsi a testimoniare al Congresso anche in casi di subpoena. I democratici hanno calcolato che Trump ha bloccato 79 richieste per informazioni.
Questo clima di continue indagini e conflitti ha spinto alcuni a parlare di crisi costituzionale considerando l’ostruzionismo di Trump che continua ad aumentare. Kerry W. Kircher, l’ex legale della Camera durante la maggioranza repubblicana, ha dichiarato che la situazione di stallo indica una “completa rottura e una completa ostruzione al ruolo del Congresso”. Se i giudici supporteranno Trump si arriverebbe a una “presidenza imperiale”. Ciò è improbabile poiché la Corte Suprema nel 1993 ha costretto l’allora presidente Richard Nixon a consegnare al Congresso registrazioni e altri documenti richiesti mediante la subpoena.
La strategia democratica per continuare le indagini ed agire di contrappeso alla politica di Trump non sembra però indietreggiare. I leader delle diverse commissioni stanno usando tutti gli strumenti a loro disposizione per ottenere le informazioni necessarie facendo uso di subpoena e affibbiando l’accusa di oltraggio al Congresso in casi di individui con comportamenti ricalcitranti.
Richard Neal, presidente del Comitato Ways and Means della Camera, ha richiesto le dichiarazioni di reddito di Trump, usando una legge poco nota, approvata nel 1924, secondo cui la sua carica attuale gli consente di richiedere le dichiarazioni di reddito di qualunque individuo. Il segretario al Tesoro degli Stati Uniti Steven Mnuchin ha però rifiutato, dichiarando che la Camera non ha “un proposito legale legittimo”. La risposta di Neal è stata quasi immediata con una subpoena e una denuncia sulle quali un giudice federale ha indicato che darà una decisione fra breve, deludendo gli avvocati di Trump che volevano ritardare.
Jerry Nadler, presidente della commissione Giudiziaria alla Camera, ha richiesto che Robert Mueller si presenti a testimoniare per chiarire contraddizioni nel suo rapporto. Inizialmente Barr, il ministro di Giustizia, aveva detto che non vi si opporrebbe ma adesso le cose sono cambiate, e si è arrivati a un braccio di ferro con Nadler. La commissione di Nadler ha reagito affibbiandogli l’oltraggio al Congresso per rifiutare di presentarsi a testimoniare e per impedire a Mueller di farlo. Le ultimissime notizie ci dicono però che Barr abbia ceduto.
Trump da parte sua si è opposto alla pubblicazione del rapporto di Mueller invocando il suo privilegio esecutivo nonostante il fatto che la maggioranza del rapporto sia già stata resa pubblica. Il 45esimo presidente ha anche proibito a Donald McGahn, avvocato ed ex consigliere legale alla casa Bianca, di testimoniare alla Camera. Trump ha anche denunciato la Deutsche Bank cercando di impedire la cooperazione con la Commissione sulle Finanze che sta investigando prestiti dati al Trump imprenditore. Inoltre l’attuale inquilino alla casa Bianca sta conducendo una battaglia legale contro una denuncia sull’emoluments clause (clausola sugli emolumenti) che impedisce al presidente di ottenere regali o benefici da fonti estere o di trarre profitti, che nel caso di Trump avverrebbero mediante la rete dei suoi interessi aziendali dai quali non si è completamente separato.
Imporre il volere delle varie commissioni parlamentari non sarà facile considerando il clima di sfiducia fra la Casa Bianca e la Camera. Il parlamentare Adam Schiff, democratico della California, presidente della Commissione intelligence, ha dichiarato che la Camera può imporre multe di 25.000 dollari al giorno a coloro che si rifiutano di presentarsi a testimoniare. Ovviamente, pioverebbero denunce le quali formano la strategia di Trump. Il sistema giudiziario non funziona tempestivamente e gli darebbe tempo. Nel frattempo i democratici alla Camera potrebbero essere visti come nullafacenti dal punto di vista legislativo. Infatti questa è proprio la sfida della maggioranza democratica alla Camera. Da una parte devono funzionare da contrappeso ai comportamenti poco tradizionali e possibilmente illegali di Trump e dall’altra mettere in atto l’agenda legislativa promessa nella campagna elettorale del 2018 che ha dato loro la maggioranza alla Camera. C’è ovviamente il pericolo che gli atteggiamenti poco presidenziali di Trump potrebbero divenire più forti in una sua possibile vittoria presidenziale nel 2020.
*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@gmail.com).
Deputato repubblicano chiede l’impeachment
per Trump sulla base del rapporto Muller
Spunta il primo repubblicano in Congresso che chiede esplicitamente l’impeachment per Donald Trump. E’ il deputato del Michigan Justin Amash, appartenente all’ala più libertaria del partito conservatore.
In una lettera, Amash afferma che il rapporto Muller, a differenza da quanto descritto dal ministro della giustizia William Barr, “svela come il presidente Trump sia coinvolto in azioni e atteggiamenti che giustificano l’impeachment”. Barr, secondo Amash, ha “deliberatamente distorto” le conclusioni delle indagini di Mueller. (Ansa)
BIDEN PARTE IN VANTAGGIO- Il candidato democratico alla Casa Bianca, Joe Biden, lancia l’allarme sul rischio di una deriva dell’America nelle mani dell’attuale amministrazione: «La minaccia alla nostra democrazia è reale. E in questo momento la cosa più importante è tornare tutti insieme e battere Donald Trump». L’ex vice presidente Usa (con Obama), tra gli applausi della folla riunita a Filadelfia, lancia quindi lo slogan ‘Beat Trump‘. E, secondo i primi sondaggi, riscuote più consensi del presidente in carica. (Ansa)
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