Se si prova più sconcerto o indignazione per lo scandalo riassunto nel titolo di mafia capitale, non fa differenza. Sembra una storia senza fine che mette però tristemente in evidenza la capacità corruttiva del sistema politico a Roma. In certa misura nessuna forza politica ne è estranea, anche se l’esperienza della gestione del sindaco Alemanno è quella che ha lasciato il segno peggiore. Purtroppo però emerge un vero sistema che non risparmia nessuno e chiama in causa responsabilità politiche in campo nazionale.
Lo scandalo capitolino si riflette in modo inevitabile sui partiti nazionali e pertanto amplifica il segnale della gravità di questa seconda fase della vicenda di mafia capitale. Sono chiamati in causa le forze politiche nel loro modo di essere, nei comportamenti ammessi e tollerati per emergere, per diventare candidati e correre per gli incarichi di ogni tipo al fine di potere contrattare prebende scambio di favori, di nomine e assunzioni. Meccanismi di corruttela che non guardano in faccia nessuno e che disperdono milioni di euro in pratiche illegali, sfruttando la condizione dei più deboli. Il giro spaventoso di affari ruotava soprattutto nel settore delle attività di assistenza ai disperati migranti, alla loro sistemazione in locali più o meno precari e per i quali il Comune di Roma spendeva cifre consistenti che solo in minima parte finivano a finanziare gli scopi a cui erano destinati. La pratica romana, con gli stessi protagonisti della rete criminale messa in piedi, tendeva ad estendere i suoi canali verso analoghe realtà di emergenze migratorie, per poter ulteriormente lucrare e utilizzare in modo criminale le ingenti somme destinate a favore dei migranti.
Un piano mafioso sin troppo bene architettato e per questo non meno abbietto, se si considera che sfruttava in ultima analisi proprio i soggetti più deboli e la loro condizione di indifesi, che rischiavano addirittura di considerare benefattori i propri ignobili sfruttatori. Coincidenze temporali ci fanno riflettere sullo scandalo Blatter come l’abbiamo chiamato dove la vendita, la corruzione per spartire i posti e quindi la costituzione di maggioranze, in grado di decidere l’ assegnazione dei campionati del mondo ha lasciato tutti senza fiato.
Anche in questo caso sono state sollevate riserve di fondo, sui criteri democratici e la non trasparenza con cui veniva gestita tutta l’organizzazione e la stessa procedura delle assemblee che dovevano decidere, purtroppo con schieramenti di maggioranza già precostituiti, che non concedevano nulla ad una corretta pratica di confronto e di dibattito libero. Dalla corruzione in politica al degrado della democrazia ed i controlli nella vita delle amministrazioni in genere, fino al grande circo del pallone, l’illegalità e la tentazione di poter fare tutto senza limiti di sorta, chiama in causa le norme, le procedure, il costume e la legalità in crisi un po’ dovunque senza delle quali però non c’è vero rinnovamento possibile in alcun campo.
Un analisi impeccabile sul marciume politico e capitolino.