Si è spento a 90 anni Pierre Boulez, uno dei giganti della musica contemporanea. Maestro del serialismo, instancabile sperimentatore del linguaggio musicale guidato da una curiosità che da Olivier Messiaen, suo mentore al Conservatorio di Parigi, lo condusse fino a dirigere un genio irregolare e non etichettabile come Frank Zappa, ha aperto nuove vie alla composizione. In questo senso va letta anche la sua generosa attività di interprete, documentata da decine di incisioni che attestano l’originalità e profondità delle sue letture soprattutto di Bartok, di Mahler, di Shoenberg, di Berg, di Stravinski, ma anche di Debussy e di Ravel, scavati nella loro profondità di antesignani di quell’innovazione che Boulez non si è stancato mai di ricercare.
Nei teatri di tutto il mondo ha firmato numerose prime esecuzioni assolute di compositori contemporanei, a cominciare al suo insegnante Messiaen e poi Stravinsky, Kolb, Carter, Birtwistle, fino a Frank Zappa, al quale commissionò lui stesso un brano per orchestra e che poi diresse, nel celebre disco “The perfect stringer”, con l’Ensemble Intercontemporain. Uno dei frutti della sua attività con l’Irma, fu l’Institut de recherche et coordination acoustique/musique, da lui fondato nel 1976. Una creatura che nel nome rispecchia le teorie di Messiaen sulle relazioni tra musica e suono, sfociate nelle partiture del “Canto degli uccelli”.
Boulez continuerà a guidare l’Ircam fino al 1992, facendone un laboratorio di innovazione musicale. Da compositore, Boulez ha scritto fin dall’inizio, in simbiosi intellettuale con Karlheionz Stockhausen e Henri Pousseur, per espandere la tecnica seriale all’intera struttura del linguaggio musicale, radicalizzando il puntilismo di Anton Webern. Il catalogo delle sue opere è vasto quanto quello delle sue incisioni, impregnato di uno sperimentalismo mai fine a se stesso ma sempre rigoroso e consapevole. A partire dal “Dialogue de lombre double”, che prescrive un clarinetto dal vivo, raddoppiato da un altro registrato, o alle sonate per pianorte e le polifonie, fino a “Le visage nuptial”, a “Tombeau”, ai “Domaines”, al “Rituel in memoriam de Bruno Maderna”. Capitoli di un’evoluzione inesausta della tecnica compositiva, perché, come ha detto Boulez stesso in un’intervista a Mario Campanino, “una poetica si esprime attraverso la tecnica. Essa non può assolutamente esistere senza tecnica; una vera ‘poetica’, voglio dire. Questi due lati dell’invenzione musicale devono essere assolutamente poggiati l’uno sull’altro: se non c’è una tecnica, una poetica resta nel vago e non può essere che una somma di intenzioni, ma non di realta’”. (servizio Agi)
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