Si è spento oggi nella sua casa di Roma, a causa di una malattia che lo ha colpito un anno fa, Valerio Zanone, un liberale (come ha voluto, semplicemente, che venisse scritto sulla sua tomba), figura di politico “vecchia maniera”, cioè legato all’ideologia e ai valori della democrazia.
Torinese, per 10 anni segretario del Partito Liberale Italiano, più volte ministro, sindaco di Torino dal ’90 al ’92, parlamentare per sei legislature, avrebbe compiuto 80 anni il 22 gennaio. Dopo la fine del Pli, Zanone è stato nell’Ulivo con Romano Prodi e nella Margherita con Francesco Rutelli. Mai con il centrodestra. All’idea liberale ha dedicato sempre il suo impegno politico. Voleva essere ricordato come “democratico, laico, europeista, sociale”.
I 50 anni di politica di Zanone hanno attraversato la storia d’Italia durante la prima e la seconda Repubblica. E’ stato consigliere regionale del Piemonte dal 1970. E segretario del Partito liberale italiano dal 1976 al 1985 dopo Giovanni Malagodi. Gli anni della lotta al terrorismo, dell’alleanza dei liberali con i socialisti di Bettino Craxi, ad esempio nel referendum contro la scala mobile. E’ stato ministro tra l’85 e l’89 nei governi presieduti da Craxi, De Mita e Goria. Ministro dell’Ecologia dall’estate del 1985, l’anno dopo ha firmato la legge istitutiva del ministero dell’Ambiente, una tra le prime in Europa. Passato al ministero dell’Industria nel 1986, ha organizzato la Conferenza nazionale dell’energia sulla questione del nucleare, presieduta dall’ex governatore della Banca d’Italia Paolo Baffi. Dal 1987 è stato per due anni ministro della Difesa, affrontando tra l’altro la prima missione militare italiana nel Golfo Persico. Nel 1990 è stato eletto sindaco di Torino, incarico che ha lasciato nel 1992 per tornare in Parlamento. Zanone è stato infatti deputato dal 1976 per 18 anni e cinque legislature fino al 1994.
Dopo 12 anni fuori dall’impegno parlamentare ma non dalla politica, è poi stato senatore della Margherita dal 2006 al 2008. Zanone non è stato un liberale buono per tutte le stagioni. Dalla contestazione iniziale di Malagodi che risale alla metà degli anni Sessanta, è stato un liberaldemocratico della tradizione piemontese. Democratico, formato alla cultura laicista, europeista, sociale. Un liberale puro e anomalo. Contro la concezione elitaria del liberalismo. Mai con la destra. Dentro e fuori il Parlamento, tutti i suoi discorsi pubblici e gli scritti privati sono stati in questo senso. Malgrado la malattia, l’ultima sua battaglia politica, insieme a Roberto Einaudi, è stata per evitare che la Fondazione Luigi Einaudi di Roma, fondata da Giovanni Malagodi nel 1962 e di cui è stato per anni presidente, finisse sotto il controllo di Silvio Berlusconi e di Forza Italia.
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