Alla vigilia dell’importante voto in Turchia, un altro evento ed un altra personalità conquista la scena dei Balcani. Soprattutto ricorda le tragiche vicende della 1ª guerra mondiale che proprio a Sarajevo prese l’avvio con l’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando. Ma Sarajevo ricorda dolori e profonde ferite anche più recenti, legate alla guerra dei Balcani all’inizio degli anni 90. Ci furono lutti, bombardamenti e grande quantità di vittime (che non hanno neppure trovato sepoltura-dopo la morte di Tito, in una feroce guerra interna di carattere etnico e religioso. Purtroppo queste ferite sono in qualche misura ancora aperte e la comunità di Sarajevo non riesce adeguatamente a superare scontri, contrapposizioni, isolamento e incomprensione tra i diversi gruppi. Il Papa è venuto qui ricordando la storia recente e passata della città di Sarajevo e per promuovere una pacificazione più profonda.Con la speranza verso le nuove generazioni che non possono crescere in un clima di rancore e di odi.
Elemento significativo di questo invito del Papa è il paragone: “Sarajevo è la Gerusalemme d’Europa”. Con riferimento a Gerusalemme modello oltremodo impegnativo fin dal Vecchio Testamento, la comunità tutta, dovrà avviarsi su un percorso nuovo, costruttore di fiducia e di dialogo fraterno reciprocamente impegnativo per tutti. E soprattutto “mai più la guerra”, ha gridato a Papa Francesco. Tutt’altro clima invece in Turchia dove protagonista assoluto il presidente Recep Tayyip Erdoğan , politico dalle ambizioni illimitate e che aspira ad un potere assoluto. La sua spregiudicatezza ed audacia volgare è emersa nella incivile violenza con cui ha aggredito Papa Francesco, in occasione della commemorazione del centenario del genocidio degli armeni. Dato peraltro storico che la Turchia non ha mai voluto ammettere. Nella sua volgarità e violenza Erdogan ha addirittura accusato Papa Bergoglio di essersi mosso su istigazione della massoneria argentina. Basterebbe questo episodio per dire della finezza politica e diplomatica di questo esponente turco, che aspira a rafforzare ulteriormente il suo potere e la sua presa su tutta la società turca e della vasta area dei Balcani. Area che si trova al centro di una crisi profonda, con le punte più gravi in Iraq ed in Siria, dove la feroce minaccia dei fondamentalisti dell’Isis sembra inarrestabile.
Anche su questo terreno decisivo per il futuro pacifico e democratico della intera umanità, Erdogan si muove con ambiguità e opportunismo. Ovviamente ha in odio la stampa che accusa di essere al servizio di forze e provocatori stranieri che vogliono danneggiare la Turchia. La più recente polemica contro l’informazione si è espressa contro il direttore di un giornale indipendente che aveva “osato” pubblicare una inchiesta che mostrava con documenti fotografici, inoppugnabili, il traffico di armi e munizioni sul confine con la Siria, e destinate alle formazioni della Jad. Erdogan ha minacciato l’introduzione dell’ergastolo e della pena di morte per rafforzare una corretta informazione dell’opinione pubblica, la quale è comunque bombardata con grande efficacia dalle campagne propagandistiche del governo. L’area della Turchia resta cruciale, come nella storia antica e recente che vede il Bosforo il passaggio naturale tra Europa e Asia. In una fase caratterizzata dalla ri-definizione di tutti gli equilibri geo-politici. Erdogan intende svolgere appieno il suo ruolo. Di un uomo forte e aggressivo che non si arresta neppure davanti all’autorità indiscussa sul piano politico e morale, di Papa Francesco. Lo schema ipotizzato per il futuro della Turchia è, secondo molti osservatori quello del leader del Cremlino Putin una sorta di democrazia speciale definita appunto “democratura”.
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