Filosofia, musica, cinema: tutto a teatro con “Ritorno a Reims”. L’ultimo lavoro di Thomas Ostermeier al RomaEuropa Festival 2019

di FEDERICO BETTA

Didier Eribon è un sociologo e filosofo francese. Intellettuale engagé (impegnato) che ha dedicato degli importanti studi al filosofo e storico delle idee Michel Foucault e ha scritto un fondamentale testo sulla questione dei diritti delle persone omosessuali (Riflessioni sulla questione gay, Ariele, 2015). Da un suo volume del 2011 (Ritorno a Reims, pubblicato in Italia da Bompiani nel 2017) il regista berlinese Thomas Ostermeier ha tratto uno spettacolo in scena al RomaEuropa Festival 2019 fino al 23 novembre.

Lo spettacolo, scritto in collaborazione con Eribon, è stato allestito in diversi stati europei e ad ogni messa in scena ha sfruttato la collaborazione degli attori coinvolti, presentando una vera e propria riscrittura adattata agli avvenimenti politici e alla situazione sociale del paese ospitante.

Il lavoro è tutto ambientato in uno studio di registrazione, dove un attore (in Italia l’attrice Sonia Bergamasco) è chiamato a dare la propria voce per sonorizzare un documentario che riprende l’esperienza di Eribon che ritorna a Reims, dopo averla lasciata anni prima per insegnare come docente universitario a Parigi.

L’occasione personale, la condizione di intellettuale omosessuale, il ricordo degli anni della formazione politica e il rapporto con la famiglia, sono il motore che spinge l’autore a confrontarsi con il mutamento sociale della propria città natale, un tempo proletaria e in massa sostenitrice del partito comunista francese, oggi tutta spostata a destra per favorire il populismo del Fronte Nazionale.

In una lucida e commovente analisi, questo giornale intimo è un esempio lancinante delle potenzialità del romanzo critico o saggio narrativo. Tra l’esplorazione delle emozioni provate e la riflessione sui temi sociali, il testo affonda la propria indagine sui tradimenti della sinistra storica nei confronti delle masse popolari e cerca di comprendere il mutamento sociale senza condanna.

In scena, assieme alla Bergamasco, ci sono Rosario Lisma, che interpreta il regista del documentario, e il rapper afroitaliano Tommy Kuti, in qualità di tecnico del suono.

La severa messa in scena, che si apre con una lunga lettura del testo di Eribon mentre scorrono su un maxi schermo immagini di Reims e dell’autore stesso che compie il suo viaggio, a un certo punto si spacca. Cade la quarta parete e Lisma scende dal palco per interrogare il pubblico. L’occasione è quella di rendere la platea dubbiosa sulla qualità intrinseca dei capitalisti nostrani (nello specifico Silvio Berlusconi). Eribon è analista lucido di estrazione marxiana e sa che i capitalisti sono essi stessi vittime di un sistema che li obbliga ad agire per il proprio interesse: non sono persone cattive in sé, è solo che devono sopraffare per non essere sopraffatti.

In un ribaltamento continuo dei confini dello spettacolo, lavoro strutturalmente costruito a cavallo tra teatro, cinema e musica, il testo ci porta a un confronto serrato con le idee più comuni che sorreggono le nostre società: la verità, la realtà, la comunicazione, l’azione politica… come ci confrontiamo con esse? Come ci comportiamo di fronte alla crescita esponenziale delle politiche sovraniste?

Arriva infine anche il momento di Tommy Kuti che trasforma il palco teatrale in uno stage da concerto rap e provoca il pubblico con una vera e propria interrogazione musicale: cosa fai tu difronte a tutto questo?

Il lavoro di Eribon è talmente importante che la sua traduzione scenica perde certamente una parte della sua potenza. Forse il risultato appare un po’ confuso nel suo perdere di vista l’interessante premessa, parallela al testo del francese, della protagonista che ha subito da poco la perdita del proprio padre. Forse lo spettacolo finisce per essere anche un po’ didascalico nello schiaffare sul grande schermo i volti dei politici ritenuti unici responsabili della mutazione della sinistra europea e italiana. Ma rimane il meritorio tentativo di Ostermeier di elaborare un teatro che prenda di petto la responsabilità individuale in virtù

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