Una giornata a Valencia alla vigilia dell’Epifania, conclusa con una serata di flamenco

di FRANCESCO MARIA PROVENZANO

Ho festeggiato l’arrivo del nuovo anno a Valencia, la terza città della Spagna, che mi ha colpito per la sua pulizia, per l’ordine e per quel senso di sicurezza che ti accompagna e che ti dà la tranquillità di una città civile. La sera della vigilia dell’Epifania, passeggiando lungo il Turia e dopo le Torri Quart, accompagnato da mia moglie Mary, la quale ad un certo punto mi dice: “Per la prima volta cammino senza guardarmi a destra e a sinistra per il timore che qualcuno possa derubarmi”. 

Attraversando le Torri Quart noto, al civico 62 di Calle Turia, una targa con scritto “Caffè del Duende del Flamenco” con molte persone in fila in attesa di entrare nel locale: mi sono messo anche io in fila e dopo  un’attesa di circa un’ora, entrando, sono stato rapito dall’esibizione delle ballerine di flamenco Ana Lloris e Sara Santos, che, con i loro movimenti plastici e le flessuose movenze, e con l’abbigliamento tipico fatto di speciali calzature molto resistenti con chiodi ribattuti in punta e sul tacco e abiti in sintonia come il ventaglio, lo scialle, il cappello e l’abito con lo strascico, hanno lasciato a bocca aperta tutto il pubblico in sala.

Le loro movenze sono accompagnate dalle splendide note suonate dalla chitarra di Tomas de Los Carino, e poi dalle esibizioni di Juanma Maya, Manuel Reyes e Javier Calderon, che con la loro voce roca, gutturale, emessa da un  tono velato e rude, tipica del canto del flamenco, hanno mandato in estasi tutta la sala regalandoci una serata veramente irripetibile. Una serata dovuta alla bravura di questi artisti che mi hanno fatto innamorare del flamenco, che è musica, arte, canto, danza, poesia, sentimento… e una vera e propria filosofia di vita, oltre che una forma di musica e di danza di origine andalusa, espressa dal canto, dalla musica e dal ballo, nata alla fine del Settecento.

 Il flamenco non nasce come una forma di spettacolo ma dall’esigenza di sfogare gioie e dolori in un linguaggio che viene dall’intimo.

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