di Raffaele Ciccarelli*
Molti sono rimasti, giustamente, sorpresi, ma a leggere tra le righe forse non poteva esserci altra scelta per il Napoli che affidare a Maurizio Sarri il dopo Rafael Benitez alla guida tecnica della squadra partenopea. Falliti i tentativi di restare sulla scia del nome blasonato per la panchina, dopo i rifiuti di Unai Emery e le difficoltà di Luciano Spalletti e Cesare Prandelli, ad Aurelio de Laurentiis non è rimato che fare una decisa inversione di rotta e puntare sul toscano di origini napoletane.
L’allenatore-operaio. Per Sarri, nato a Bagnoli, è quasi un cerchio che si chiude ritornare nella capitale del Sud, i cui valori operai lo hanno impregnato fino a diventarne proprio il marchio di fabbrica. Non ci interessa dare alcuna connotazione politica ad un allenatore che ha fatto del lavoro e dell’umiltà il suo cavallo di battaglia, la vera sfida di de Laurentiis consiste proprio in questo, nell’essersi affidato ad un uomo che è diverso dalla media di coloro che svolgono questo lavoro, cui non interessa “apparire” ma “essere”, che usa i media solo per comunicare e non per proclamare, che si affida al lavoro sul campo, preferendo avere alle sue dipendenze giovani ancora duttili e modellabili piuttosto che campioni imborghesiti e poco votati al sacrificio. Questa sarà la vera sfida partenopea della prossima stagione, un sentiero che può regalare soddisfazioni in piazze “piccole” ma che è tutto da verificare lì dove da alcune stagioni si è abituati all’aria rarefatta dell’alta classifica e allo stimolo delle campagne europee.
La grande sfida di Sarri e ADL. Questa sarà la sfida da vincere per Sarri e per il Napoli, tutta filosofica e di approccio, mentre bisognerà vedere l’organico che gli sarà messo a disposizione per capire come giocherà, considerando che gli azzurri hanno una difesa da rifondare e un centrocampo da ricostruire, verificando anche quanti cosiddetti big faranno ancora parte del progetto. Ci piace salutare con curiosità e interesse positivo la scelta del Napoli, che va ad innestarsi sul calcio delle idee e non solo dei campioni, affidandosi anche ad uomini di carattere, come ha fatto, ad esempio, il Milan prendendo Sinisa Mihajlovic, anche se il serbo ha di certo un curriculum piu prestigioso da far pesare nello spogliatoio dei rossoneri, ma resta uomo anch’egli di rottura, se non altro perché non è l’ennesima bandiera cui la società rossonera ha amato. Un plauso, una volta tanto, ci sentiamo di farlo anche al presidente, sperando che la sua sia tata una scelta alla fine convinta, e non “cinematografica”. Ritornando a Sarri, sarà interessante verificare come attecchiranno i suoi metodi di lavoro e le sue idee, confidando che piazza e società abbiano il buon senso e la pazienza di lasciarlo lavorare: il precedente più recente in questo senso resta il breve periodo con Zdenek Zeman, altra filosofia di gioco, ma uguale “integralismo ideologico”, l’augurio sincero è che stavolta si riesca ad ottenere anche i tanto agognati risultati. Sarebbe la vera svolta del calcio italiano che potrebbe riportarci in alto diventando quella scuola e quel punto di riferimento che pure siamo stati, in un passato purtroppo lontano.
*Storico del calcio
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