di ENNIO SIMEONE – E’ sgradevole assistere da alcuni giorni a talk show televisivi in cui, pervicacemente, un assessore della Regione Lombardia si assume il compito di far da «spalla» al suo presidente, Fontana, nell’addebitare a “Roma“ la colpa di “non capire“ l’angosciante record di contagi e di vittime del coronavirus in quel territorio. Da due giorni, a teleschermi unificati, quello stesso signore si è esibito nello sventolare, con irridente disprezzo, un modello di mascherine che una ditta, forse non specializzata, ha accettato di produrre in fretta e furia per esaudire in qualche modo la richiesta che le era venuta dalla Protezione Civile per far fronte rapidamente all’emergenza di questa maledetta epidemia.
Purtroppo nessun conduttore televisivo lo ha interrotto per ricordargli che la sanità è di competenza delle Regioni e per domandargli che cosa ha fatto lui (o chi per lui) per procurarsi quei materiali. E nessun conduttore televisivo (o suo ospite) gli ha fatto notare che contemporaneamente un «non addetto ai lavori della sanità», come il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, si adoperava concretamente per ottenere che Francia e Germania cancellassero il divieto di esportazione in Italia di quel materiale sanitario (mascherine “professionali“ e ventilatori per la terapia intensiva) che in Italia non si è mai prodotto in quantità apprezzabili e che loro invece producono.
Ma forse è pretendere troppo da una sistema informativo che – a parte alcune lodevoli eccezioni – continua a privilegiare l’urlo e la rissa all’approfondimento, gli urlatori e gli esibizionisti ai ragionatori, diffondendo quel virus del disfattismo che fa più vittime del Covid-19. E poi c’è da meravigliarsi se la gente finisce per prendersela con «i politici» o con «la politica», indistintamente marchiandola come “Roma”?
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