Una previsione che induce all’ottimismo sull’evoluzione della pandemia ci arriva oggi da un immunologo, il professore Francesco Le Foche, primario di immuno-infettivologia al day hospital del Policlinico Umberto I di Roma. Il quale – intervenuto ai microfoni di Rai Radio2 nel corso del format “I Lunatici“, condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio (in diretta dal lunedì al venerdì dalle 00.30 alle 6.00) – ha illustrato una tesi che, se troverà conferma nei fatti (come tutti ardentemente speriamo), lascia intravedere una prospettiva molto meno cupa di quella che finora ci si è profilata davanti.
«Questo virus, come gli altri coronavirus che abbiamo già conosciuto in passato – ha spiegato nella sua intervista il professor Le Foche – tende a spegnersi da solo perché è risaputo nell’ambito scientifico che i coronavirus tendono a dare delle pandemie e poi piano piano tendono a spegnersi. Soprattutto quando c’è una riduzione della loro entropia sociale. Grazie al lockdown questo virus non potendo contagiare le persone che sono chiuse in casa, piano piano non ha più la carica di diffondersi e quindi tende ad autospegnersi, a vivere una sorta di morte programmata. Speriamo che questo avvenga rapidamente e sembrerebbe che i primi caldi possano essere d’aiuto. Adesso l’attuazione rigorosa del lockdown osservato dagli italiani ci impedisce di dirlo con certezza, ma sta di fatto che il contagio si è ridotto molto e piano piano questo virus perderà di forza.
Lo vedremo meglio con i primi caldi quando ci sarà anche una riduzione delle goccioline che si essiccheranno e quindi avranno meno possibilità di passare da una persona all’altra. Questo virus non avrà più la forza che aveva, quella che ci ha messo in crisi, quella che ha portato tante persone contemporaneamente in ospedale con l’esigenza di essere trattate con una terapia intensiva. Esso ha avuto il massimo dell’esplosione con contagi anche intra-ospedalieri. Ha proliferato in ospedali mono-blocco, che non avevano la possibilità di isolare il covid nei padiglioni. Questo contagio enorme e contemporaneo ha stressato il nostro sistema sanitario. Adesso c’è una decompressione importante grazie al lockdown, decompressione che ci ha dato anche l’opportunità di capire che occorre dedicare maggiore attenzione ad una medicina del territorio, che è fondamentale per la salute pubblica e che dovremo riorganizzare, rimediando agli effetti prodotti dai tagli effettuati nel passato alla nostra sanità».
Ciò è importante averlo capito, sostiene il professor Le Foche, perché «questo, lo ripeto, è un virus che non deve arrivare in ospedale. Ormai la cosa si è percepita come verità assoluta, tutti ne hanno preso atto. Anche il ministro della Salute negli ultimi interventi ha parlato di ristrutturazione della salute del territorio. Questo farà sì che si possa avere una osmosi attiva tra il territorio e gli ospedali che porterà ad una sanità pubblica di alto profilo. Adesso abbiamo interpretato che, se riusciamo a trattare subito il paziente affetto da Coronavirus quando accusa ancora pochi sintomi, la persona nella stragrande maggioranza dei casi non ha bisogno di entrare in ospedale. Questa è una malattia infiammatoria e, come tutte le malattie infiammatorie, se trattata all’esordio, non causa danni gravi».
E quindi, chiedono i conduttori del programma radiofonico, come comportarsi nelle prossime settimane? Si va verso un graduale ritorno alla vita normale?
Il professor Le Foche invita comunque alla prudenza: «Dobbiamo attendere le prossime due settimane: se le cose continuano in questo modo, entro le prime due settimane di maggio potremo uscire e riorganizzare progressivamente la nostra società. Se questo virus si comporterà come dovrebbe, e come la storia dei coronavirus ci fa pensare, potremmo tornare alla nostra vita sociale. Non credo che dovremmo restringere molto la nostra libertà e la nostra autonomia sociale».
Possiamo pensare anche ad organizzare delle vacanze? La risposta è prudente: «Non credo alle vacanze estive fatte fuori dall’Italia, ma credo che in Italia potremo andare in vacanza».
Le Foche ha qualcosa di interessante da dire anche sulle speranze della realizzazione di un vaccino: «Per liberarci completamente dal virus in avvenire è necessario avere un vaccino. Sappiamo che ci sono vari studi di vaccini messi in campo, con potenzialità diverse. Il problema di questo vaccino è che non sappiamo se produrrà degli anticorpi immunizzanti o meno. Perciò io ritengo che, nell’immediato, noi dovremmo puntare anche su altre cose: cure immediate, come quelle che possono essere somministrate dalla medicina sul territorio. Poi, qualora ci fosse l’opportunità di un vaccino a breve scadenza, ben venga. Solo le vaccinazioni riescono a far scomparire del tutto i virus dalla faccia della terra. Però se questo virus si comporta come la sars, è destinato a scomparire. Essendo questo un coronavirus per l’ottanta per cento identico a quello della sars, dovrebbe aver avuto una fase pandemica che adesso si va spegnendo. Perciò sono ottimista. Il mio ottimismo del resto è basato sulla scienza».
E tutti ci auguriamo che la tesi del professor Le Foche sia fondata.
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