di MARIO LETTIERI e PAOLO RAIMONDI
Avendo perso mordente e spazio operativo negli Usa e in Europa, le agenzie di rating si sono “buttate” contro i paesi emergenti, in particolare quelli dell’Africa. Non è necessario essere un genio di competenza e di capacità di analisi per immaginare le difficoltà economiche in un mondo devastato dalla pandemia del covid-19. Soprattutto nei paesi cosiddetti emergenti, da sempre suscettibili a ciò che accade nelle economie avanzate. In momenti e in modi leggermente differenti, le “tre sorelle del rating”, Standard& Poor’s, Moody’s e Fitch, hanno declassato dieci paesi africani e i loro titoli di debito pubblico fino al livello di junk, di titoli spazzatura. Si tratta di Angola, Botswana, Camerun, Capo Verde, Repubblica Democratica del Congo, Gabon, Nigeria, Sudafrica, Mauritius e Zambia.
Le valutazioni sono basate fondamentalmente sulle previsioni riguardanti la debolezza dei sistemi fiscali e sanitari di detti paesi. Ciò avviene mentre la Banca Mondiale ha opportunamente, invece, sostenuto la sospensione dei pagamenti degli interessi sui debiti dei paesi più poveri che fanno parte dell’International Development Associaztion (IDA). D’altra parte, la loro conoscenza dell’Africa è bassissima. La S&P, per esempio, si vanta di essere in grado di formulare valutazioni su ben 128 paesi del mondo. Ma ha un solo ufficio, a Johannesburg, per l’intero continente africano.
I rating delle agenzie sono solitamente delle valutazioni più o meno banali. Però, com’è noto, sono presi in considerazione dai mercati per giudicare lo stato di salute delle varie economie e, di conseguenza, per definire i tassi d’interesse del debito pubblico dei singoli paesi. E’un fenomeno più volte sperimentato, con effetti devastanti sia sull’aumento del costo dei prestiti sia sugli investitori internazionali. In merito, è opportuno ricordare il ruolo svolto dalle agenzie nel “meltdown” finanziario negli anni della Grande Crisi del 2008, che ebbe un impatto sui mercati globali e, soprattutto, sull’economia reale di molti paesi, compresi quelli in via di sviluppo.
Poiché sembra che la cosa non sia nella memoria collettiva, riteniamo utile ricordare le denunce istituzionali fatte nei loro confronti. Per esempio, il dettagliato rapporto “The financial crisis inquiry report” redatto da una Commissione bipartisan e pubblicato dal governo statunitense nel 2011. Vi si affermava, tra l’altro, che “la crisi non sarebbe potuta avvenire senza le dette agenzie. I loro rating, prima alle stelle e poi repentinamente abbassati, hanno mandato in tilt i mercati e le imprese”. Il solito giochino.
Qualche anno fa, persino il “falco” tedesco Wolfang Schäuble, allora ministro delle Finanze, aveva detto: ”Dobbiamo spezzare l’oligopolio delle agenzie di rating”. Si ricordi che in più circostanze, sia il G8 sia il G20 ha prodotto una copiosa letteratura, fatta di documenti e dichiarazioni, con i quali si stigmatizza il loro comportamento e si chiede una loro profonda riforma.
Moody’s ha declassato a junk il Sudafrica facendogli perdere l’ultimo gradino di investment grade, sotto il quale gli investitori istituzionali non sono più autorizzati a comprare i titoli di stato. Essa ha stimato un notevole aumento del debito pubblico sudafricano che dovrebbe raggiungere il 91% del Pil entro il 2023. Quest’anno la crescita dovrebbe essere inferiore all’1% e poi sprofondare in terreno negativo a meno 5,8%. Moody’s non ha neanche aspettato per verificare l’impatto economico del coronavirus e i provvedimenti del governo di Pretoria.
Le altre due agenzie, a onor del vero, avevano già da tre anni valutato come junk i titoli sudafricani. Adesso il Sud Africa dovrà lasciare l’importante World Government Bond Index dove ci sono tutti i titoli pubblici con il rating di investment grade. Di conseguenza il valore dei titoli sarà ridefinito senza una rete di protezione.
Fitch ha tagliato il rating sovrano del Gabon da B a CCC. La spiegazione del declassamento riguarda l’eventuale difficoltà di rimborso del debito sovrano per mancanza di liquidità determinata dalla caduta dei prezzi del petrolio.
Moody’s ha rivisto in negativo il rating sovrano di Mauritius a causa della previsione di minori guadagni turistici per il coronavirus. La Nigeria è stata declassata da S&P da B a B – perché il covid-19 aumenterebbe il rischio di choc fiscali derivanti dalla riduzione dei prezzi del petrolio e dalla recessione economica.
S&P ha, da ultimo, anche declassato il Botswana, una delle economie più stabili dell’Africa, che aveva il rating A. L’agenzia ha citato l’indebolimento del bilancio statale a causa di un calo della domanda di materie prime e della prevista decelerazione economica provocata dalla pandemia. Il declassamento del Botswana è stato fatto quando nel paese non si era registrato neanche un caso di infezione!
Questi downgrade a livello di spazzatura stanno provocando seri problemi, che possono avere conseguenze peggiori dello stesso coronavirus. Riducono, infatti, il valore delle obbligazioni sovrane usate come garanzia nelle operazioni di finanziamento delle banche centrali, aumentando allo stesso tempo il costo degli interessi e, quindi, del debito. Di conseguenza vi sarà un’ondata di declassamenti anche delle imprese private.
I paesi dell’Africa sono chiamati da più parti a disegnare un meccanismo di risposta collettiva contro l’abuso del rating. Si vorrebbe, tra l’altro, che l’Unione Africana creasse una sua autorità di controllo sulle attività delle agenzie e definisse degli standard di valutazione equi e realistici.
I governi e le popolazioni del continente africano guardano sempre più all’Europa per trovare un sostegno e un modello. Purtroppo, anche sulla questione delle agenzie di rating l’Unione europea è ancora e inspiegabilmente paralizzata.
Riguardo a particolari avvenimenti e a certi comportamenti umani, le popolazioni africane per descriverli usano figure di animali. Chissà quale bestia della savana utilizzeranno per le agenzie di rating!
*Mario Lettieri, già sottosegretario all’Economia **Paolo Raimondi economista
Commenta per primo