di DOMENICO MACERI* – Nei suoi quattro anni di mandato Donald Trump si è riferito ai media come ai nemici del popolo. Adesso però è andato oltre accusando Brad Raffensperger, segretario di Stato della Georgia, di essere anche lui nemico del popolo. Il reato di Raffensperger? Il leader politico repubblicano del Peach State ha avuto la “temerarietà” di certificare i risultati delle elezioni, che hanno determinato la sconfitta dell’attuale inquilino della Casa Bianca. Trump aveva insistito che i brogli elettorali avevano favorito Joe Biden, il quale è stato dichiarato presidente eletto, considerando non solo il voto popolare (più di 80 milioni) ma ovviamente il numero dei grandi elettori (totale 306, 36 più dei 270 richiesti per la vittoria). Trump non ha limitato le sue frecce al segretario di Stato della Georgia, ma le ha sparate anche contro il governatore Brian Kemp, anche lui repubblicano, per non avere bloccato la certificazione del voto.
Kemp e Raffensperger hanno asserito che nonostante la campagna montata da Trump per mettere in dubbio l’esito delle elezioni del 2020 per i presunti brogli, il loro Stato ha fatto tutto per bene. Anche con il riconteggio, Biden ha vinto in Georgia con un margine di più di 12mila voti. I tweet velenosi di Trump hanno però causato non pochi grattacapi a Kemp e Raffensperger, che hanno ricevuto minacce da alcuni degli 80 milioni di seguaci dell’attuale inquilino della Casa Bianca. I problemi sono stati così preoccupanti che Gabriel Sterling, uno stretto collaboratore di Raffensperger, ha recentemente fatto un’accesissima conferenza stampa nella quale ha accusato direttamente Trump di fomentare violenze. Sterling ha implorato di smetterla con la questione dei brogli perché potrebbe condurre a esiti tragici. Sterling ha citato l’avvocato Joseph di Genova, noto sostenitore di Trump, il quale avrebbe detto che Chris Krebs, ex direttore di cybersicurezza nazionale, meriterebbe la morte. Il reato di Krebs? La sua asserzione che l’elezione del 2020 è stata condotta in modo professionale senza nessun broglio. Va ricordato che dopo questo annuncio Trump lo ha licenziato come spesso fa con collaboratori che non seguono le sue direttive, vere o false che siano. Ora veniamo a sapere che anche William Barr, ministro della Giustizia e grande “soldato” di Trump, ha detto che il suo dipartimento non ha individuato brogli elettorali. Licenzierà anche lui?
Nella sua accesa conferenza stampa Sterling ha anche incoraggiato i senatori del Suo stato a intervenire per calmare le acque. Non si è indirizzato a Mitch McConnell, attuale presidente del Senato, ma ovviamente il monito di Sterling era indirizzato a tutti i leader repubblicani ad abbassare i toni poiché i leader del suo Stato continuano a ricevere minacce. Simili tensioni si sono manifestate verso altri leader repubblicani in Arizona e Nevada che hanno anche loro certificato l’elezione.
McConnell, da parte sua, è rimasto quasi silenzioso sull’esito dell’elezione, preoccupato di più per il ballottaggio del 5 gennaio nel Peach State che dovrà determinare non solo i due senatori ma anche quale partito conquisterà la maggioranza nella Camera Alta. Attualmente i repubblicani hanno 50 senatori, i democratici 48, e McConnell ha bisogno di almeno una vittoria repubblicana in Georgia per potere mantenere le redini del Senato. Nel caso in cui ambedue i nuovi senatori della Georgia fossero democratici si avrebbe un pareggio di 50 e 50. Con la vicepresidente eletta Kamala Harris, che avrebbe il voto decisivo, i democratici prenderebbero ovviamente il comando al Senato.
La preoccupazione di McConnell sull’elezione del 5 gennaio viene aumentata dalla continua campagna dei brogli elettorali di Trump. Il presidente uscente continua ad asserire che non si può avere fiducia nelle elezioni in Georgia. In effetti, il 45esimo presidente sta indirettamente incoraggiando i suoi sostenitori del Peach State a non presentarsi alle urne il 5 gennaio. A caldeggiare questa tesi due avvocati sostenitori di Trump, Lin Wood e Sidney Powell, hanno fatto un discorso in Georgia incoraggiando i presenti a non presentarsi alle urne e di recarsi a protestare davanti alla casa del governatore Kemp. Astenersi dal voto sarebbe disastroso per i due candidati repubblicani David Perdue e Kelly Loeffler, i quali sono stati attaccati dai sostenitori di Trump per non avere fatto abbastanza per ribaltare l’elezione della Georgia e favorire il loro leader. I due candidati hanno però seguito le direttive di Trump e hanno chiesto le dimissioni di Raffensperger per presunte malefatte. Nonostante tutto, Trump ha promesso che si recherà in Georgia per fare campagna politica in supporto dei due candidati repubblicani.
La campagna di Trump per mettere in dubbio l’elezione del 5 gennaio in un certo senso si rifà alle obiezioni tipiche dei democratici in Georgia. La differenza è che il Peach State ha una lunga storia di “soppressione” al voto, specialmente degli elettori afro-americani. Va ricordato che nell’elezione a governatore del 2018 il segretario di Stato, responsabile dell’elezione, era proprio Kemp, il quale fra l’altro aveva ricevuto l’endorsement di Trump. L’avversaria di Kemp, Stacy Abrams, gli ha dato filo da torcere e la sua campagna di incoraggiare gli elettori, soprattutto gli afro-americani, a presentarsi alle urne nel 2020 ha contribuito notevolmente a determinare la vittoria democratica nello Stato.
L’importanza dell’esito del ballottaggio del 5 gennaio non va sottovalutata. Ecco perché una montagna di soldi da altri Stati sta entrando nella campagna elettorale. I sondaggi ci dicono che solo il 4 per cento degli elettori in Georgia sono indecisi, facendoci pensare a esiti elettorali molti vicini, che potrebbero essere determinati da una piccola percentuale dell’elettorato. Al momento sembra che i democratici siano più uniti specialmente perché Trump continua con la sua campagna sui brogli nell’elezione del 2020.
Il presidente uscente sembra già dare segnali di prepararsi ad abbandonare la Casa Bianca, come ci rivelano i suoi piani di concedere la grazia preventiva ai suoi tre figli adulti Donald Junior, Eric e Ivanka oltre che al genero Jared Kushner e al suo avvocato personale Rudy Giuliani. Secondo il New York Times, Trump sarebbe preoccupato che la nuova amministrazione di Biden potrebbe vendicarsi con lui mirando però il fuoco verso di loro. Il presidente uscente però avrà anche lui preoccupazioni legali ed ecco perché starebbe considerando di concedersi la grazia, decisione che la Costituzione non rende chiara e che probabilmente sarebbe però illegittima. Un presidente che si può concedere la grazia non avrebbe solo immensi poteri ma diverrebbe in effetti un monarca. Si potrebbe concedere la grazia dal primo giorno di mandato e commettere qualunque reato, contraddicendo la Costituzione, secondo cui nessuno è al di sopra della legge.
*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@hotmail.com).
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