Sono stati ribattezzati “Panama Papers”: sono elenchi di grossi personaggi di ogni nazionalità – anche italiana – che hanno trasferito ingenti somme di denari nei “paradisi fiscali”. E lo scandalo, che viene alla luce grazie al lavoro di oltre 300 giornalisti appartenenti a testate di tutto il mondo (per l’Italia “l’Espresso”), ha assunto dimensioni planetarie. Milioni di documenti, fatti trapelare sui media internazionali, denunciano gli spostamenti di una gigantesca massa di denaro che sarebbe stata dirottata da studi legali internazionali e banche verso paradisi fiscali per conto di personaggi della imprenditoria, dello spettacolo, dello sport, politica, delle istituzioni, e persino di criminali. Questi documenti rappresentano la più grande fuga di notizie nella storia della finanza, persino più vasta di quelle di Wikileaks nel 2010 e di Edward Snowden nel 2013.
Fra gli altri nomi vi sarebbero quelli di persone indicate come vicine al presidente russo Vladimir Putin, ma anche di un suo nemico come il presidente ucraino Poroshenko, familiari del leader cinese Xi Jinping, del re saudita, dei premier di Islanda e Pakistan.
Tra gli italiani figurano, secondo l’Espresso, il presidente di Alitalia Luca Montezemolo, l’imprenditore Giuseppe Donaldo Nicosia, latitante, coinvolto in un’inchiesta per truffa con Marcello dell’Utri, il pilota Jarno Trulli oltre a Ubi e Unicredit.
Gli elenchi provengono dallo studio legale Mossack Fonseca, che però ha uffici da Miami a Hong Kong, a Zurigo, a una quarantina di località nei 5 continenti. Sono arrivati al giornale tedesco Suddeutsche Zeitung e condivisi con un pool di oltre 300 reporter investigativi di giornali internazionali aderenti all’International consortium of investigative journalists, fra cui, per l’Italia, l’Espresso. In settimanale italiano scrive nel suo sito on line che “circa un migliaio di clienti provenienti dal nostro Paese sono citati, a vario titolo, nei documenti : imprenditori, professionisti, volti noti dello spettacolo, ma anche moltissimi personaggi sconosciuti alle cronache, approdati a Panama per mettere al sicuro il patrimonio di famiglia. Nei prossimi giorni, una volta completate le nostre verifiche, daremo conto di questi affari offshore”.
Sempre secondo l’Espresso “nei primi mesi del 2007 sono stati siglati una serie di contratti che, tra l’altro, indicano Montezemolo come procuratore di Lenville. Il manager, a quell’epoca al vertice di Ferrari e presidente di Fiat, avrebbe ricevuto la delega per operare su un conto alla Bim Suisse, filiale elvetica dell’italiana Banca Intermobiliare. Raggiunto da l’Espresso, Montezemolo non ha risposto alle richieste di chiarimenti”. “Mossack Fonseca non risulta essere un consulente fiscale della capogruppo” è stata invece la replica del portavoce di Unicredit. Invece Ubi Banca dice: “Non abbiamo società controllate in quelle località” di Panama e Seychelles. “E’ però possibile che siano state gestite delle operazioni dalla Banca per conto di propri clienti, nel rispetto della legislazione del Granducato”.
Secondo il quotidiano francese Le Monde, nei documenti compare anche il nome di Michel Platini. Il quotidiano francese ha chiesto spiegazioni a Platini e un suo portavoce ha fatto sapere che “i suoi affari sono assolutamente legali”. Il quotidiano britannico The Guardian nella sua edizione online, dedica l’apertura solo a Putin, che viene ritenuto coinvolto indirettamente attraverso la figura di Sergei Roldugin: un musicista, indicato fra i migliori amici del presidente russo e padrino di una delle sue figlie, che sarebbe il terminale almeno nominale di uno spostamento di due miliardi di dollari partiti da Bank Rossya, un istituto di credito guidato da Yuri Kovalciuk, che gli Usa sostengono essere una sorta di banchiere del Cremlino, indirizzati verso Cipro e il paradiso off-shore delle Isole Vergini Britanniche. Il Cremlino, però, respinge ogni notizia bollando le accuse come una montatura e assicurando che Mosca ha i mezzi per difendere, in sede legale, la reputazione di Putin.
La televisione pubblica inglese BBC rivela che nei Panama Papers compaiono anche parenti e persone vicine al presidente siriano Bashar Al Assad, al defunto Muammar Gheddafi e all’ex presidente egiziano Hosni Mubarak. E vi figurano anche i nomi di parenti del presidente dell’Argentina Mauricio Macri e dei parenti del presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev.
Il quotidiano israeliano Haaretz, oltre a soffermarsi su businessman e personaggi pubblici israeliani, cita ad esempio aziende che secondo le carte dello scandalo farebbero riferimento ai capi di governo di Islanda e Pakistan.
Nei documenti anche società che sarebbero riconducibili a 33 sigle o individui inseriti nella lista nera degli Usa, per connessioni con i signori della droga messicani, con organizzazioni definite terroristiche come gli Hezbollah sciiti libanesi e con Stati come Corea del Nord o Iran. Tra coloro che avrebbero dirottato di nascosto denaro verso i paradisi fiscali figurerebbero anche il calciatore Lionel Messi e l’attore cinese Jackie Chan. Ma si citano anche i re del Marocco Mohamed VI, e quello dell’Arabia Saudita Salman, che sarebbero stati aiutati nell’acquisizione di yacht di lusso. E persino il nome del padre dell’attuale primo ministro britannico, David Cameron, morto nel 2010. Citati anche dirigenti sportivi sudamericani già comparsi nello scandalo Fifa, come l’ex vicepresidente del calcio mondiale Eugenio Figueredo e suo figlio Hugo, nonché l’uruguaiano Juan Pedro Damiani, del comitato etico della stessa Fifa.
E’ già nella bufera il premier islandese Sigmundur Gunnlaugsson e dovrà riferire in parlamento sulla vicenda che lo vede citato insieme con la moglie. Le opposizioni in Islanda ne chiedono le dimissioni e la convocazione di elezioni anticipate. Il primo ministro islandese dovrà spiegare l’acquisto nel 2007 di una società offshore, la Wintris, utilizzata per investire milioni di dollari che con la moglie aveva ereditato.
Lo studio Mossack Fonseca replica alle rivelazioni apparse sui media internazionali affermando di aver sempre rispettato i protocolli internazionali per essere certi che le società da esso messe in piedi non fossero usate per evasione fiscale, riciclaggio, finanziamento del terrorismo o altre attività illecite. E aggiunge: “Per 40 anni Mossack Fonseca ha operato in maniera irreprensibile nel nostro paese e in altre giurisdizioni dove siamo attivi. La nostra società non è mai stata accusata o incriminata per legami con attività criminali. Se notiamo attività sospette o condotte poco chiare, siamo rapidi nel denunciarle alle autorità. Nello stesso modo, quando le autorità ci mostrano prove di possibili illeciti, noi cooperiamo pienamente”.
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