Draghi porta in Consiglio dei ministri il famoso “Piano nazionale di ripresa e resilienza” per l’utilizzo del mega finanziamento dell’Unione Europea, il cui primo annuncio risale al luglio dello scorso anno, quando la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, lo comunicò all’allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Quello di Draghi è un piano da 221,5 miliardi totali, di cui 191,5 riferibili al Recovery fund e 30 miliardi per finanziare le opere “extra Recovery”. La spinta che questi investimenti dovrebbero dalla alla crescita è di 3 punti di Pil nel 2026.
L’obiettivo, secondo le slide inviate dal ministro dell’Economia, Daniele Franco, ai suoi colleghi ministri, è non solo “riparare i danni della pandemia” ma affrontare anche “debolezze strutturali” dell’economia italiana. Il grosso del piano prevede 135 linee di investimento. E l’impianto “non cambierà”, sottolineano dal governo, di fronte alla mole di richieste che emerge in queste ore dai partiti. Il M5s annuncia battaglia sul Superbonus (chiesto a gran voce anche da Confindustria), ma per ora senza ottenere modifiche. Il Pd vuole vederci chiaro sulla Rete unica, FI chiede welfare per le famiglie, la Lega annuncia che presenterà in Cdm “altri progetti da aggiungere” al Pnrr.
E resta da sciogliere il nodo della governance del piano, che agita i ministri. Tutto ciò – sottolinea l’Ansa in una nota – in un clima sempre più teso in maggioranza, dopo l’astensione della Lega sul decreto per le aperture. All’indomani dello stop al tentativo di Matteo Salvini di modificare l’accordo raggiunto nel governo sulle aperture, Draghi – che descrivono seccato per quanto accaduto – registra un clima costruttivo nella riunione della cabina di regia sul Recovery, che in mattinata vede al tavolo tutti i capi delegazione, incluso il leghista Giancarlo Giorgetti. Non si parla del tema aperture, che vede forte il pressing delle Regioni sulla scuola, ma è chiaro a tutti che Draghi non intende tornare indietro. E in serata il decreto bollinato non presenta modifiche sostanziali rispetto a quanto approvato in Cdm, a partire dal coprifuoco. Certo, spiegano da Palazzo Chigi, il governo darà chiarimenti ai dubbi delle Regioni e ogni quindici giorni si faranno verifiche sui dati per decidere eventuali ulteriori aperture.
La tensione comunque rimane altissima. Dal Pd trapela irritazione per il metodo leghista, di lotta e di governo. Letta rilancia la proposta di un patto modello Ciampi per la corresponsabilizzazione degli alleati di governo, cogliendo l’occasione storica del Recovery. Nel centrosinistra si spera lo strappo leghista sul “coprifuoco” si ripeta presto proprio sul piano i spesa del Recovery.
Comunque Draghi nelle prossime ore farà la sua informativa in Cdm sul Pnrr e ascolterà le proposte che verranno messe sul tavolo, ma il Piano – viene sottolineato da Palazzo Chigi – nell’impianto non è destinato a cambiare. Vedremo come andranno le cose in parlamento, benché i tempi siano davvero molto stretti: la scadenza per la presentazione del piano in Europa è il 30 aprile. r.l.
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