di SERGIO SIMEONE* – Lo ius soli, come un fiume carsico, di tanto in tanto emerge dall’oblio e si impone all’attenzione degli italiani per poi scomparire di nuovo. Questa volta è merito di Malagò se in questi giorni il tema è tornato ad essere oggetto di discussione con la sua proposta di concedere la cittadinanza per meriti sportivi a chi è nato da genitori non italiani.
L’uscita del presidente del CONI è senz’altro molto positiva perché utilizza il grande entusiasmo suscitato dai successi colti dalla nostra compagine multietnica alle Olimpiadi di Tokio per far prendere coscienza agli italiani che accogliere nella nostra comunità persone che vengono da altri Paesi, ma desiderano integrarsi, rappresenta un arricchimento della comunità stessa.
La proposta di Malagò presenta però un limite: quello di iscriversi nella corrente di pensiero secondo la quale la cittadinanza italiana bisogna meritarsela. E’ una pretesa del tutto illogica, perché presuppone che tutto il popolo italiano sia costituito da individui perfetti (santi, navigatori ederoi ), per cui chi ne vuole far parte debba manifestare anche lui (o lei) segni di perfezione. Ma noi sappiamo invece che la stragrande parte della popolazione italiana è costituita da persone normali tra le quali ci sono anche tanti ladri, truffatori, delinquenti e mafiosi, che, anche se condannati, sono e restano pur sempre cittadini italiani.
I sostenitori di questa strana teoria, del resto, per essere coerenti, dovrebbero, per assurdo, proporre una legge che preveda la perdita della cittadinanza per quegli individui che siano condannati per reati infamanti, soprattutto quelli che recano gravi danni alla collettività di cui fanno parte. Ma nessuno di questi “teorici” ha mai pensato di prendere una simile iniziativa. E si capisce perché: sono gli stessi che quando Berlusconi fu condannato per frode fiscale (il reato più infamante che può commettere chi guida il governo di un Paese) anziché chiedere che gli fosse tolta la cittadinanza, si batterono strenuamente per non farlo espellere dal Senato, e tra sei mesi lo vedrebbero volentieri al Quirinale.
Ma, detto questo, che speranze ci sono che questo rinnovato interesse per lo ius soli si traduca in una ripresa dell’iter parlamentare? Molto poche. Dando per scontato che Pd e Leu sono per l’approvazione della legge, e visto che la Bellanova (si spera a nome di tutta Italia viva) si è espressa favorevolmente, tutto dipende dal Movimento 5 stelle. E qui è da registrare un atteggiamento piuttosto reticente: “Il Fatto quotidiano”, giornale di riferimento del movimento, trascura il tema e l’unica del movimento a pronunciarsi è stata Paola Taverna in una intervista a “La Repubblica”, nella quale dice che il tema ius soli non è una priorità. Certo non sarà una priorità per lei, che la cittadinanza italiana ce l’ha già, ma lo è per un milione di ragazzi che da anni periodicamente vengono illusi e poi sistematicamente restano privi dei loro diritti.
A Conte, che, anche lui, tace sul tema, vorremmo ricordare quello che ha scritto di suo pugno nella carta deivalori recentemente approvata dagli iscritti pentastellati: “La politica deve promuovere le condizioni perché tutti possano partecipare, a pieno titolo, alla vita politica, sociale, economica, culturale della comunità, deve contrastare tutte le varie forme di ingiustizia e deve rimuovere gli ostacoli che impediscono a ciascuno di beneficiare di opportunità di vita migliore”. Quale occasione migliore dello ius soli per dimostrare che queste parole esprimono una linea politica vera e non sono aria fritta?
*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del Sindacato Scuola della Cgil
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