di SERGIO SIMEONE – Il favolista latino Fedro ci racconta del cane, che, attraversando a nuoto un fiume con un pezzo di carne in bocca, vede riflessa nell’acqua la propria immagine. Pensando che si tratti di un altro cane che ha in bocca un pezzo di carne più grosso del suo, apre la bocca per strapparglielo, ma così facendo perde anche il suo. A duemila anni di distanza c’è ancora chi non ha capito la morale di questa favola. E tra questi potrebbe rischiare di annoverarsi purtroppo anche Giuseppe Conte.
Il professore e avvocato recentemente eletto presidente del Movimento 5 stelle, ha infatti esordito nel suo incarico inviando una lettera al Corriere della sera nella quale afferma che il governo italiano, per far ripartire l’economia del Paese, deve investire le sue risorse innanzitutto nella Lombardia e nelle regioni del nord perché esse sono la locomotiva d’Italia, che trainerà tutto il Paese, compreso il Mezzogiorno. E si è spinto fino ad auspicare una legge speciale per Milano.
Conte, con la sua uscita, vuole evidentemente sopperire alla debolezza del Movimento 5 stelle nelle regioni del nord lisciando il pelo alla borghesia industriale di quelle regioni. Ma così facendo rischia di perdere consensi al sud dove il movimento, pur in calo, ha ancora la parte più consistente del suo seguito elettorale senza guadagnare neppure un voto al nord (proprio come il cane di Fedro). Mette, tra l’altro, in difficoltà il candidato sindaco di Napoli Gaetano Manfredi su cui l’alleanza giallorossa ha puntato per respingere l’assalto della destra nel Mezzogiorno.
Ma, al di là degli aspetti tattici, Conte commette, a mio parere, due errori di sostanza:
1 – Fa un errore scientifico, perché sostiene una teoria economica del tutto obsoleta, in quanto tutti sanno ormai che proprio seguendo questa teoria il gap tra nord e sud si è allargato sempre di più, con danno della stessa economia del nord, che si è vista privata, con l’impoverimento del sud, di un mercato per lo smercio dei suoi prodotti.
2 – Contraddice le direttive europee: lui, che è stato brillante protagonista della trattativa nel consiglio dei ministri europeo per il recovery fund, sa meglio di tutti che all’Italia è stata assegnata la fetta più grande dei finanziamenti proprio perché ha al suo interno una enorme area depressa, che si chiama Mezzogiorno. Se perciò il nostro governo, con i suoi progetti, dovesse privilegiare il nord potrebbe addirittura andare incontro ad un taglio dei finanziamenti europei da parte degli organi che controllano l’attuazione del piano.
Credo che il neo leader pentastellato si sia proprio meritata la replica sferzante di Adriano Giannola, presidente dello SVIMEZ (l’Istituto per lo sviluppo del Mezzogiorno), il quale, dopo aver condannato la posizione di Conte, ha aggiunto che lui, però, non è per niente preoccupato, perché la sua lettera al Corriere della sera non avrà nessuna conseguenza pratica. Le decisioni in merito alla attuazione del recovery plan, infatti , non le prenderà Conte ma il ministro dell’economia Daniele Franco (che ha dichiarato in più occasioni la sua impostazione meridionalista, ndr ).
Ironia della sorte: il Mezzogiorno per vedere riconosciuto il suo diritto allo sviluppo deve sperare che un ministro di Belluno prevalga su un avvocato pugliese.
*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del sindacato Scuola della Cgil.
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