La legge sul suicidio assistito (su cui la Corte Costituzionale si è pronunciata negando il referendum, ma invitando il Parlamento a varare un testo adeguato) compie un passo avanti alla Camera, che ha respinto i primi emendamenti del centrodestra, emendamenti puramente soppressivi, che avrebbero affossato la legge. Nonostante il voto segreto, i voti a favore del soppressivo sono stati solo 126 rispetto ai 262 contrari
“E’ un dovere” ha detto Enrico Letta, impegnando così solennemente il proprio partito a sostenere la legge. Invece Antonio Palmieri (Fi) ha motivato il no al provvedimento aggrappandosi a una dichiarazione del giurista Luciano Violante (Pd), secondo cui “non sempre le buone intenzioni fermano le cattive conseguenze” (dato che in paesi come Olanda e Belgio – in cui sono state introdotte norme analoghe – si è finiti per estendere il suicidio assistito anche ad anziani con varie patologie, ai disabili mentali e ai minori).
Dopo questo primo voto la Camera ha sospeso l’esame che riprenderà a marzo.
Continuano intanto le polemiche – da parte di Marco Cappato e dell’avvocato dell’Associazione Coscioni, Filomena Gallo e Riccardo Magi – sulla conferenza stampa del neo-presidente della Corte Costituzionale, Amato, che ha motivato il no della Consulta al referendum sul suicidio assistito perché a sua parere il quesito referendario sarebbe stato mal formulato. L’ex presidente della Corte Costituzionale, Giovanni Maria Flick, ha definto “”ingiustificate” le polemiche. Anche Stefano Fassina (Leu) ha messo in guardia da attacchi “autolesionisti”.
In tema di fine vita, dunque, il Parlamento torna l’unico in grado di dare una risposta, con la legge sull’aiuto al suicidio che deve attuare la sentenza della Corte Costituzionale del novembre 2019, dopo che già un anno prima i giudici costituzionali avevano sollecitato le Camere a legiferare.
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