Dimissioni sì o dimissioni no? Su questo dilemma, diventato ormai una rovente graticola, si gioca il futuro politico di Roma e del suo sindaco, Ignazio Marino, arrivato in Campidoglio per volontà popolare esattamente due anni fa (12 giugno del 2013) e oggi trasformato in birillo da luna-park, alla mercé di chiunque, da destra e da sinistra, abbia voglia di giocare al tiro al bersaglio. Chi ne invoca le dimissioni, non potendo accusarlo sul piano giudiziario (neanche gli avversari più accaniti dubitano della sua onestà), lo vuole fuori per il semplice fatto di essere alla guida di una giunta e di un consiglio comunale “azzoppati” dai giudici che conducono l’inchiesta Mafia Capitale. Chi, invece, lo invita a restare sulla sua poltrona, ricorda e rivendica il fatto che fu proprio lui, Ignazio Marino, al momento in cui entrò in Campidoglio e s’accorse delle innumerevoli porcherie commesse quando governava il suo predecessore Gianni Alemanno, a precipitarsi negli uffici della Procura di Roma rovesciando sul tavolo tutti quei faldoni di atti amministrativi e documenti che di lì a poco avrebbero fatto scoppiare il pestifero bubbone.
Sul fronte anti-Marino sono schierate, come ovvio, tutte le opposizioni, a cominciare dai grillini, i quali, in caso di nuove elezioni, avrebbero ottime possibilità di far sventolare sul Campidoglio la bandiera a cinque stelle. Sul fronte pro-Marino dovrebbe esserci la maggioranza. Dovrebbe, appunto. Perché in questo caso il condizionale è d’obbligo. Il Pd – o meglio il PdR, partito di Renzi – da un lato fa credere di voler blindare l’attuale sindaco di Roma (fino a poco fa appena sopportato da gran parte del partito), dall’altro, invece, lascia filtrare martellanti voci su un suo possibile commissariamento, con l’affidamento al prefetto Gabrielli dell’imminente Giubileo straordinario.
Non sappiamo se alla fine l’onesto Marino getterà la spugna, per “carità di patria” come s’usa dire, ma sappiamo per certo che questo PdR è a dir poco schizofrenico. Prima costringe il ministro Maurizio Lupi ad abbandonare la sua poltrona, nonostante non avesse neppure un avviso di garanzia, poi si sbraccia per far conquistare la Regione Campania a Vincenzo De Luca, condannato in primo grado e bollato come “impresentabile” secondo le regole etiche sottoscritte prima del voto da tutti i partiti. Ora, fa una specie di “doppiogioco” sulla pelle di Marino e dei romani.
Triste spettacolo, proprio nei giorni in cui ricorre il 31°anniversario della morte di Enrico Berlinguer.
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