La congiura ordita da Di Maio contro Conte ha fatto proseliti nel M5s, i cui gruppi parlamentari vengono lacerati dai contrasti anche per timore dell’alt dopo il secondo mandato

di ENNIO SIMEONE – Quando le agenzie di stampa diffusero la notizia che Beppe Grillo, fondatore del Movimento 5 stelle, aveva indicato  il professore Giuseppe Conte – che aveva dato prova di saper affrontare – nella qualità di capo del governo italiano – la prova più dura che potesse trovarsi ad affrontare il presidente di un governo in Italia, come la pandemia da covid 2019, di cui non si sapeva assolutamente nulla su scala mondiale – ero stato tentato di mandargli (pur senza conoscerlo di persona) un messaggio di ammonimento che riproduceva un vecchio proverbio napoletano, che recita testualmente: «Chi se corca co’ ‘e criature, se scéta cacàto» (traduzione: “Chi va a dormire con i bambini rischia di svegliarsi sporco di cacca”). Probabilmente non mi avrebbe prestato ascolto. Ma oggi sono sicuro che mi darebbe ragione, alla luce di ciò che gli è accaduto, quando colui che avrebbe dovuto condividere con lui  l’onere della guida del M5s, cioè Luigi Di Maio, lo stesso che lo aveva proposto per la carica di presidente del Consiglio nel 2018 e se ne era vantato quando Conte assunse il ruolo e dette prova di esserne più che degno.
Già, perché è accaduto che il medesimo Luigi Di Maio, oggi, a conclusione di alcuni giorni di insistenti attacchi mediatici a Giuseppe Conte, attribuendogli arbitrariamente intenzioni e progetti …”anti-europei” ed altre velenose amenità (si fa per dire), ha annunciato la sua uscita dai ranghi parlamentari dei Cinquestelle, insieme con altri consimili, per fondare sia in Senato, sia alla Camera, altri gruppi parlamentari addirittura antagonisti a quelli nei quali avevano militato  fino a poche ore prima.
Insomma l’ex capo politico dei Cinquestelle (nonché ministro degli Esteri) Luigi Di Maio migra, insieme con un manipolo di deputati e senatori, dal M5s per andare a formare altri gruppi parlamentari, sia alla Camera sia al Senato, antagonisti a quelli a cui avevano appartenuto fino al giorno prima. Si dà il caso che molti di questi abbiano compiuto già due mandati parlamentari e, secondo le regole dei Cinquestelle (ribadite ieri dal fondatore, Giuseppe Grillo), non potrebbero essere ricandidati nel M5s per la terza volta.

Nelle varie interviste che appaiono sui media il gruppo dirigente vicino a Giuseppe Conte, chiede un chiarimento e ipotizza l’espulsione di Luigi Di Maio. “Personalmente ritengo che occorra prendere provvedimenti, magari coinvolgendo la rete o comunque il consiglio nazionale. Vorrei ricordare che da capo politico Di Maio ha espulso persone per cose molto meno gravi” afferma a Repubblica Riccardo Ricciardi, vice presidente del Movimento cinque stelle, per il quale il ministro ha rivolto “un attacco strumentale ed è grave che Di Maio utilizzi la sicurezza del Paese per attaccare i cinque stelle”.

Anche un altro dei 5 vicepresidenti M5s, Michele Gubitosa, alla Stampa afferma: “Siamo a un punto di non ritorno: Luigi Di Maio ha pianificato la sua uscita dal Movimento Cinquestelle. È inaccettabile il fango che getta sul Movimento. Il M5s non è stato mai anti-atlantista”.

 

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