Serbatoio di stoccaggio del carburante fatto esplodere sul ponte che collega la Crimea a Russia. Un altro allarmante episodio che aggrava la tensione tra Russia e Ucraina. Consigliere di Zelensky commenta : “Tutto ciò che è illegale deve essere distrutto”

Il ponte di Kerch, che collega la Russia alla Crimea, parzialmente distrutto dall’incendio

Inquietante episodio stamattina sul ponte di Kerch, il più lungo d’Europa (19 chilometri), inaugurato nel 2018 per collegare la Crimea alla Russia: un serbatoio di stoccaggio del carburante ha preso fuoco. E’ quanto riporta la Tass, precisando che “gli archi navigabili del viadotto non hanno subito danni”. Sospesa comunque la circolazione dei veicoli. “È troppo presto per parlare di cause e conseguenze. Sono in corso i lavori per estinguere l’incendio”, ha scritto su Telegram Oleg Kryuchkov, consigliere del Governo russo in Crimea.

Secondo il comitato nazionale antiterrorismo russo, l’incendio sarebbe stato provocato dall’esplosione di un camion. Il presidente russo Vladimir Putin ha ordinato la formazione di una commissione governativa per indagare sull’incidente e – ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov –  “ha ricevuto i rapporti dal primo ministro Mikhail Mishutin, dal vice primo ministro Marat Khusnullin, dal ministro delle Emergenze Alexander Kurenkov e del ministro dei Trasporti Gennady Savelyev, così come dai capi delle forze dell’ordine“.  Putin ha ordinato inoltre al primo ministro di formare una commissione governativa per stabilire le cause dell’incidente e affrontarne rapidamente le conseguenze. La commissione comprenderà anche i capi della Regione di Krasnodar e della Crimea, oltre a funzionari della Guardia Nazionale, del Servizio di Sicurezza Federale e del ministero degli Interni”.

Le autorità locali hanno annunciato che entro oggi sarà istituito un servizio di traghetti attraverso lo stretto di Kerch.

Un tweet di Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, sembrerebbe suggerire responsabilità da parte di Kiev: “Crimea, il ponte, l’inizio. Tutto ciò che è illegale deve essere distrutto, tutto ciò che è stato rubato deve essere restituito all’Ucraina, tutto ciò che appartiene all’occupazione russa deve essere espulso“.

Nuovi bombardamenti russi hanno danneggiato intanto l’ultima linea di comunicazione con il sistema di alimentazione a 750kV della centrale nucleare di Dniprovska, a Zaporizhzhia, che è rimasta senza energia elettrica. Lo ha riferito su Telegram il sindaco di Energodar, Dmytro Orlov, aggiungendo che “i generatori diesel si accendono automaticamente e le forniture disponibili di gasolio per il loro lavoro in questa modalità saranno sufficienti per dieci giorni”. “È necessario riparare e ripristinare il funzionamento delle linee” conclude.

Ieri una linea di alimentazione elettrica della centrale nucleare di Zaporizhzhia è stata danneggiata in un bombardamento, e ora il reattore che veniva alimentato dalla linea colpita funziona temporaneamente con generatori diesel. L’Aiea in un tweet aveva riferito che “colpi in un’area industriale fuori dalla centrale hanno danneggiato una linea elettrica che serve il reattore 6, costringendo l’unità a fare affidamento temporaneamente sui suoi generatori diesel di emergenza”.

Ieri  il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, intervenendo al vertice di Praga, ha lanciato un nuovo allarme insistendo nell’evocare il rischio che si vada verso un “disastro nucleare” benché da Mosca siano arrivati messaggi che negano questa eventualità. Inoltre il presidente ucraino insiste nell’affermare che “siamo sull’orlo di un disastro nucleare a causa della cattura della centrale nucleare di Zaporizhzhia da parte delle truppe russe”. Inoltre ha affermato che “la Russia ha portato la guerra nella nostra terra, nella parte ucraina dell’Europa. E solo grazie al fatto che il popolo ucraino ha fermato l’invasione della Russia, quest’ultima non può ancora portare la stessa guerra in altre parti d’Europa, in particolare nei Paesi baltici, in Polonia e in Moldavia”. E’ un allarme che rischia però di attizzare il fuoco e l’allargamento del conflitto ad altri paesi europei, oltre l’Ucraina.

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