di FEDERICO BETTA – In tour per il centenario della nascita dello straordinario compositore e contrabbassista Charles Mingus, il Roma Jazz Festival 2022 ha ospitato la Mingus Big Band. Nata nel 1991 per volontà di Sue Mingus, manager e moglie dell’artista scomparso nel 1976, la band è composta dai migliori musicisti della scena newyorkese, che si alternano per rendere memoria al talentuoso contrabbassista.
Sul palco dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, gli elementi del gruppo salgono già suonando, come se le loro note venissero da lontano. E infatti i pezzi che si irradiano nella Sala Sinopoli mantengono solidissime radici nello spirito mingusiano. Le esplosioni collettive e gli assoli indiavolati, così come le delicatissime tensioni di sax baritono o le lunghe scalate in solitaria del contrabbasso, sono chiaramente l’espansione di un mood che Mingus ha impresso alla musica e alla composizione jazz in generale. Tanto nei riarrangiamenti di grandi classici del musicista, quanto nelle energiche scariche dei nuovi pezzi, riuniti nell’ultimo album della band The Charles Mingus Centennial Sessions, il gruppo è sostenuto da un contrabbasso che mescola l’hard bop e la soul music, il free jazz e la classica, in composizioni lunari che sciolgono ogni cosa in un unico grande movimento collettivo.
Durante il flusso dei musicisti che si alternano in assoli a proscenio particolarmente virtuosistici, spiccano alcuni classici di Mingus, come So Long Eric, tristissimo e al tempo urlato tributo per la morte dell’amico e collega Erich Dolphy, o il commovente, e forse miglior pezzo suonato nella serata, Self-Portrait in Three Colors.
Nell’eleganza di un gruppo affiatatissimo che lascia spazio a ogni musicista con estrema pulizia, resta incomprensibile l’uso di visual a tutto schermo dietro la band, che hanno il solo effetto di distrarre dalla potenza dell’esecuzione sul palco.
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