di FEDERICO BETTA – Sotto le volte in pietra rossa del piccolo e meraviglioso Teatro Basilica di Roma, va in scena fino all’11 dicembre l’ultimo lavoro diretto e interpretato da Michele Sinisi.
Grazie alla messa in scena integrarle di Tradimenti di Harold Pinter, il regista elabora un raffinato meccanismo di svelamento di una memoria che pare inceppata. Le parole del drammaturgo inglese si susseguono fino a scomporsi, ricomponendo a ritroso una storia di tradimento dell’amore e dell’amicizia. Ogni interno è dialogato da due o tre personaggi che si alternano creando un continuo sfasamento del luogo e del tempo. Le parole si raddoppiano, si affastellano, si interrompono bruscamente in silenzi che rimandano a un sottotesto ingombrante, colmo di speranze mal riposte e durezze senza scampo.
A tenere le fila delle evoluzioni sentimentali dei protagonisti ci pensa la scenografia luminescente, ideata con lo scenografo Federico Biancalani, che scandisce matericamente le didascalie di Pinter, illuminando di volta in volta le parole su un muro/monolite, che si staglia al centro palco vuoto come un rebus da decifrare.
Con una regia cristallina Sinisi resta aderente alla drammaturgia, ma astrae la scena in una rottura costante del patto con lo spettatore, continuamente tradito nelle sue aspettative. Diverse immagini rimangono scolpite, come la testa di un cervo che gocciola bava come fosse un trofeo ancora sanguinante. O un pollo che cala dall’alto per essere abbrustolito da una fiamma che ne fa colare il grasso in un recipiente che tintinna di quelle che sembrano lacrime infuocate.
L’ultima lunga scena, un ballo sfrenato di Emma (Stefania Medri) riavvolge il nastro in avanti, immergendoci in una sequenza di musiche del decennio successivo rispetto a quando si svolgono i fatti sulla scena. Un ulteriore sfasamento, questo, che ci rituffa nelle interminabili feste della
nostra adolescenza: qualcuno dava sfogo alla sua anima più selvaggia (Medri), altri cercavano un’intesa sensuale sempre sfuggente (Stefano Braschi
dà corpo e voce a Jerry, l’amante di Emma) e altri ancora restavano in disparte (Sinisi è Robert, marito di Emma e migliore amico di Jerry), chiusi in un luogo oscuro della propria intimità.
In un viaggio a ritroso che dilata il tempo come le emozioni ad esso legate, Sinisi riesce in una complessa purificazione della memoria che si rivela sempre personale, scoprendo l’impossibilità di essere ricostruita senza lasciare tracce di solitudine e incomprensione.
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