Il vescovo di Monreale dice: “Su episodi come questi non transigo. Ho già nominato una commissione d’inchiesta, sono in attesa di una relazione”. Questa la prima reazione di monsignor Michele Pennisi all’eco suscitata dall’ultima processione che ha attraversato le strade di Corleone, fermatasi per un “inchino” davanti alla casa dove abita Ninetta Bagarella, la moglie del capo di Cosa Nostra Totò Riina. L’episodio risale a domenica scorsa e, secondo quanto ricostruita da Repubblica, il commissario di polizia e il maresciallo dei carabinieri, che erano presenti, hanno immediatamente lasciato la processione inviando una relazione alla procura distrettuale antimafia.Dai primi accertamenti è emerso che uno dei membri della confraternita di San Giovanni Evangelista, Leoluca Grizzafi, è cugino di secondo grado della Bagarella. Il parroco di Santa Maria, padre Domenico Mancuso, si è detto amareggiato: “Ho ribadito alle forze dell’ordine che non è mia usanza sostare davanti ai potenti o pseudo potenti quella non era una sosta prestabilita, è accaduto. Mi rendo conto che ci voleva più prudenza”.
Ma il sindaco di Corleone, Leoluchina Savona, contesta la versione dell‘inchino. “Non c’è stato alcun inchino davanti all’abitazione della moglie di Riina – afferma -. E’ la solita strumentalizzazione che viene fatta su Corleone. Ora siamo davvero stanchi. Quella è stata una sosta come tante altre di una processione di quartiere, non certo per fare un omaggio a Ninetta Bagarella”. La processione, secondo la Savona, “si è sempre fermata in via Scorsone e non certo per rendere omaggio alla famiglia Riina. C’è gente che ha costruito carriere sul nome di Corleone. Ora basta”.
A sua volta il vescovo Pennisi ricorda di aver proposto al questore di Palermo di stilare un protocollo d’intesa per prevenire altri episodi e aggiunge: “Propongo che d’ora in poi anche le soste delle processioni siano concordate con le forze dell’ordine, per evitare spiacevoli sorprese”. Nei mesi scorsi monsignor Pennisi aveva anche imposto alla confraternite di inserire nello statuto una clausola: “Nessun pregiudicato per mafia può far parte delle nostre associazioni”. Ma Leoluca Grizzafi è incensurato.
Di Riina si è era parlato molto qualche mese fa, quando Bruno Vespa ne ospitò il figlio a “Porta a porta” (foto in alto) in quanto autore di un libro sul padre. E già allora si disse che iniziative del genere possono finire per legittimare i mafiosi.
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