di DOMENICO MACERI* – “Quando c’è un guazzabuglio di leggi e una protezione con seri dislivelli tra i differenti stati emergono ovviamente vulnerabilità che possono influire su qualunque comunità”. Così il senatore Alex Padilla della California mentre additava giustamente le differenti regole per l’acquisizione di armi da fuoco alla luce di 4 recentissime sparatorie nel Golden State. La California è uno degli Stati che impongono limiti al possesso di armi da fuoco, ma, ciononostante, si trova in una situazione poco diversa dalle altre parti del Paese. Troppa gente è vittima di armi da fuoco per la facilità del loro possesso.
In California e in altri Stati liberal l’acquisto di armi da fuoco è molto più difficile che negli Stati conservatori. Il numero di sparatorie recenti non sembra però avere effetti positivi, ma in realtà si tratta del contrario. Le leggi statali contribuiscono alla protezione dall’uso indiscriminato di armi da fuoco. Difatti, il Golden State ha uno dei tassi di mortalità più bassi dell’unione. Il Center for Disease Control and Prevention piazza la California al 43° posto fra i 50 stati con 8,5 morti a causa di armi da fuoco per ogni 100 mila persone. Nel caso del Texas si tratta di 13,7 e il Mississippi si trova al primo posto con 26 morti per ogni 100 mila abitanti. Il California Policy Institute, un’organizzazione non partisan, ci informa che le morti da armi da fuoco in California dal 2019 al 2021 sono al di sotto della media statunitense e che in comparazione ad altri Stati i cittadini del Golden State sono più sicuri dalle tragedie causate da armi da fuoco.
Le recentissime sparatorie però hanno causato costernazione che nonostante leggi adeguate, almeno per quanto riguarda la situazione americana, bisogna fare di più specialmente quando si considerano le 4 sparatorie negli ultimi giorni. Due di queste sono avvenute nella California del sud, una a Monterey Park, e l’altra a Los Angeles, due città a 16 chilometri di distanza fra loro. Altre due sparatorie sono avvenute nel nord dello Stato, una a Half Moon Bay, a 48 chilometri al sud di San Francisco, e l’altra a Oakland sulla costa est della baia di San Francisco.
Altre sparatorie sono state riportate in diverse parti degli Stati Uniti in Iowa, Chicago, e Baton Rouge in Louisiana. Si calcola che per l’anno in corso nel mese di gennaio vi sono state 36 sparatorie, un record per il Paese. Questo tipo di tragici eventi si sentono anche in altri Paesi ma rarissimamente. Negli Stati Uniti invece sono all’ordine del giorno e sfortunatamente vengono accettati con pochissimi sforzi per trovare soluzioni. Queste esistono e la California si è mossa in quella direzione. Per comprare un’arma da fuoco nel Golden State è necessario aspettare un periodo di tempo per completare il controllo della fedina penale. I cosiddetti fucili d’assalto che possono sparare più di 10 pallottole senza ricaricare sono vietati come fanno anche altri 8 Stati. Da aggiungere che nel 2016 la California divenne il primo Stato a potere rimuovere armi da fuoco mediante l’approvazione della “red-flag law”, una legge che permette alle forze dell’ordine di confiscare armi da soggetti considerati pericolosi per se stessi o altri. L’anno scorso la legislatura ha anche approvato una legge che permette a un cittadino di denunciare chiunque tratti in vendite di armi illegali. Questa legge aprirebbe la porta alle denunce dei produttori se le loro armi fossero usate nella commissione di reati.
Ciononostante le armi bandite in uno Stato possono essere comprate in un altro e trasportarle facilmente dove sono vietate. Ci vogliono dunque leggi federali poiché quelle statali non sono sufficienti. Un rapporto della polizia di Chicago del 2017 informa che la maggior parte delle armi da fuoco usate in reati sono state acquistate in un altro Stato. Il rapporto ha identificato che il 60 per cento di armi illegali recuperate dalla polizia sono venute da altro stato, come, per esempio, il vicino Indiana, che ha leggi molto meno rigorose sugli acquisti di armi da fuoco.
Leggi federali più restrittive sono dunque necessarie. L’anno scorso, dopo una strage troppo tragica in Texas, il governo federale ha approvato una legge che ha imposto leggerissimi limiti. Molto di più è necessario. Il presidente Joe Biden ha sfidato il Congresso attuale a bandire i fucili d’assalto ma non è facile aspettarsi nuove leggi, specialmente con la nuova maggioranza repubblicana alla Camera. La California però, uno Stato molto influente, potrebbe agire ancora di più approvando una legge che richieda una licenza di porto d’armi rilasciata dopo un’investigazione delle forze dell’ordine per determinare se il richiedente abbia determinate caratteristiche di probabile sicurezza.
Ciò avviene in tanti altri Paesi in cui le tragiche morti mediante armi da fuoco sono rare perché le leggi sono state cambiate. Nel 1996 l’Australia mise al bando i fucili d’assalto dopo una sparatoria in cui persero la vita 35 persone. Più recentemente, dopo una simile strage in cui persero la vita 50 persone, la Nuova Zelanda ha fatto la stessa cosa.
Questi esempi sono inconcepibili negli Stati Uniti dove il possesso di armi è sancito dal secondo emendamento e garantito da decisioni della Corte Suprema. Ciononostante, persino il giudice conservatore della Corte Suprema Antonin Scalia scrisse in una decisione del 2008 che il diritto al possesso di un’arma non è infinito e che il governo ha il diritto di imporre limiti. Si tratta dunque di azione politica.
Il governatore della California, Gavin Newsom, ha dichiarato che il suo Stato ha bisogno di assistenza dal governo federale e dal Partito Repubblicano che negli ultimi anni è divenuto sempre più conservatore e contrario alle leggi che controllino le armi da fuoco.
Ma purtroppo gli americani, con 400 milioni di armi da fuoco in circolazione, non si aspettano molto dal loro governo, costretti ad accettarsi il ripetersi di queste sparatorie, quasi storditi dai dolori subiti dalle tragiche morti, divenute quasi giornaliere.
*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.
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