di SERGIO SIMEONE* – Silvio Berlusconi ha sventolato la bandiera della rivoluzione liberale durante tutta la sua lunga vita politica, senza mai essere stato liberale. Se, infatti, essere liberale significa, come ci insegna Montesquieu, propugnare la distribuzione dei poteri dello Stato in modo che questi possano controllarsi reciprocamente evitando gli abusi, non può essere considerato tale chi ha tentato in tutti i modi, da presidente del Consiglio, di sottomettere al potere esecutivo gli altri poteri ed in modo particolare la magistratura. A ciò va aggiunta l’assunzione (di fatto) del monopolio della più importante fonte di informazione: la televisione, essendo proprietario della più importante azienda televisiva privata ed esercitando, contemporaneamente, il controllo su quella pubblica (vedi il cosiddetto editto bulgaro contro Biagi, Santoro e Luttazzi).
Molti ipotizzano che, se avesse potuto, Berlusconi avrebbe volentieri trasformato l’Italia in una “democratura” sul modello della Ungheria di Orban. Ma non c’è riuscito. Ha prodotto altri guasti, il principale dei quali la corruzione dello spirito pubblico (come dimenticare la sua condanna per frode fiscale e le sue barzellette sulla Guardia di Finanza, che facevano pensare che i cittadini che pagano regolarmente le tasse fossero dei poveri idioti?).
Ma non è riuscito a trasformare l’Italia in una democrazia illiberale.
Come mai? Evidentemente non ce l’ha fatta a smantellare tutti i contrappesi di cui la nostra Costituzione ha disseminato il nostro sistema istituzionale e a piegare alcuni servitori dello Stato dalla schiena dritta, che nel nostro pur bistrattato Paese esistono.
A me piace ricordarne soprattutto uno, di cui oggi nessuno parla più: Oscar Luigi Scalfaro. Fu lui, che da Presidente della Repubblica bloccò il più sfacciato e osceno tentativo di Berlusconi di mettere le mani sull’amministrazione della Giustizia. Il presidente di FI, infatti, tentò di mettere alla testa di quel ministero addirittura Cesare Previti, un avvocato che aveva corrotto due giudici per permettere al Cavaliere di mettere le mani sulla Mondadori strappandola a Carlo De Benedetti. L’avvocato romano scampò in quella occasione alla condanna, pur riconosciuto colpevole, per intervenuta prescrizione, ma sarà condannato nel 2006 a sette anni di reclusione per l’affare IMI-SIR . Fu in quella occasione che, ammirato per l’alto senso morale e la fermezza dell’uomo, fui spinto a fare una piccola ricerca sul Presidente della Repubblica e fui indotto a correggere radicalmente il mio giudizio sull’uomo (precedentemente negativo a causa del suo anticomunismo): era stato, durante la Resistenza, consulente del Tribunale militare partigiano di Novara , e perciò condannato a morte dal prefetto della città in ossequio alle leggi della repubblica di Salò.
Quasi tutti i commentatori politici pensano che l’erede politico di Berlusconi sia la Giorgia Meloni. Io credo che questi abbiano ragione e la cosa mi preoccupa molto più del paventato timore di un rigurgito fascista. La preoccupazione sta assumendo in questi giorni forme molto concrete con la riforma Nordio della Giustizia. Il guardasigilli si è rammaricato che non abbia potuto assistere al suo varo Silvio Berlusconi, un uomo che ha comprato giudici e senatori, che è stato condannato per frode fiscale, che aveva avuto, tramite Dell’Utri, contatti con la mafia.
*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia è stato anche dirigente del sindacatoScuola della Cgil
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