di ENNIO SIMEONE – Ormai non ci sono più limiti alla follia bellicista, che, come una epidemia, si sta diffondendo ai confini dell’Europa e nelle nevrotiche reazioni di alcuni governanti europei che, incoraggiati dalle sortite preelettorali del tremulo presidente in carica degli Stati Uniti (reso ancor più temerario dal proposito di conquistare il secondo mandato consecutivo grazie alle figuracce che il suo predecessore – e aspirante successore – sta accumulando) vedremo quanto prima sfilare davanti alle telecamere con l’elmetto.
L’ultima baldanzosa sortita è quella della esagitata presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che, alla notizia del bombardamento russo contro la cattedrale di Odessa, ha subito lanciato la sfida annunciando: «L’Italia pronta a ricostruirla!», mentre il diretto interessato al problema, il capo del governo ucraino, Volodimir Zelensky, si è premurato, secondo il suo stile, ad annunciare una rappresaglia contro Vladimir Putin e la Russia, come la distruzione del ponte che collega la Russia alla Crimea, che alcuni mesi fa aveva attribuito ai russi (rettificando successivamente l’accusa e attribuendosene il merito dopo la replica di questa impresa).
Ora c’è da chiedersi come mai della eventuale ricostruzione della cattedrale di Odessa dovremmo – secondo la signora Meloni – farci carico noi italiani, annunciandolo addirittura appena qualche ora dopo il disastro, quando per nominare il commissario per la riparazione dei colossali danni del nubifragio in Emilia Romagna, e soprattutto per stanziare i fondi, sono stati lasciati trascorrere mesi, mentre lo stesso presidente ucraino si è limitato ad annunciare una imminente rappresaglia contro la Russia.
A meno che sulla restaurazione dei danni bellici subìti dall’Ucraina non siano puntati gli interessi di imprese italiane, come si può intuire dai nomi dei partecipanti ad alcuni viaggi di solidarietà fatti da governanti italiani in quel paese, oltre all’invio di armi e munizioni.
Comunque, a proposito di cattedrali, sarebbe il caso di ricordare alla Meloni il trattamento riservato da Zelensky a Papa Francesco, quando il pontefice lo accolse in vaticano e, all’offerta di una mediazione per una possibile trattativa di pace, rispose, sprezzante, “non abbiamo bisogno di mediatori“.
Seguirono i congedi di rito: baci e abbracci della Meloni e della Von der Layen. Non al Papa: a Zelensky.
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