Filippo Turetta ha ammesso davanti al gip Benedetta Vitolo di aver ucciso Giulia Cecchettin, dichiarando:“Sono affranto, dispiaciuto per la tragedia che ho causato. Non voglio sottrarmi alle mie responsabilità, voglio pagare quello che sarà giusto per aver ucciso la mia ex fidanzata“.
Turetta ha poi aggiunto: “Sto cercando di ricostruire nella mia memoria le emozioni e quello che è scattato in me quella sera. Fin da subito era mia intenzione consegnarmi e farmi arrestare. Ora sono molto stanco e non mi sento di aggiungere altro”.
Lasciando la stanza dove si è svolto l’interrogatorio di garanzia nel carcere di Verona, Turetta – riferisce l’Agenzia Italia da fonti qualificate – avrebbe detto agli agenti penitenziari di essere “pentito” di quello che ha fatto.
L’indagato ha poi continuato a chiedere agli operatori del carcere quando potrà vedere i genitori. E’ probabile che questo avverrà molto presto. A dare il via libera al padre e alla madre di Filippo sarà la Procura.
Nel frattempo, l’avvocato Giovanni Caruso ha ribadito ai giornalisti che Turetta “non ha risposto al gip ma ha ritenuto doveroso rendere dichiarazioni spontanee nelle quali ha sostanzialmente confermato le ammissioni fatte alla polizia tedesca“. All’interrogatorio di garanzia era presente anche il pm Andrea Petroni.
Agli agenti della polizia stradale tedesca che lo hanno arrestato Filippo Turetta aveva detto: “Ho ammazzato la mia fidanzata, ho vagato questi sette giorni perché cercavo di farla finita, ho pensato più volte di andarmi a schiantare contro un ostacolo e più volte mi sono buttato un coltello contro la gola ma non ho avuto il coraggio di farla finita“.
Turetta si era consegnato mani in alto ai poliziotti che lo avevano fermato per un controllo dopo la segnalazione di un automobilista che aveva notato la sua Punto nera ferma nella corsia d’emergenza della A9, l’autostrada che collega Berlino-Monaco. Le dichiarazioni verbalizzate dai tedeschi non valgono per la giustizia italiana mentre quelle rese oggi entrano nell’indagine della Procura di Venezia.
L’avvocato Giovanni Caruso, dopo l’incontro con il suo assistito, ha detto ai giornalisti che non avrebbe avanzato alcuna istanza al giudice, nemmeno per ottenere gli arresti domiciliari che molto difficilmente sarebbero accolti. E così è andata. Il legale non ha neppure sollecitato una perizia psichiatrica con la formula dell’incidente probatorio o di una consulenza di parte sempre per accertare eventuali disturbi psichiatrici.
Se Turetta non dovesse scegliere la facoltà di non rispondere dopo che il gip avrà esaurito le sue domande, il pm stesso potrebbe incalzare l’indagato con quesiti attinenti alle novità investigative.
Al momento il capo d’imputazione pare che non contenga l’aggravante della premeditazione. Il che è strano. Infatti l’avvocato Nicodemo Gentile, legale di fiducia di Elena, la sorella della vittima, dichiara: “Quello di Giulia Cecchettin è un omicidio aggravato dallo stalking. Turetta ha dimostrato di essere un molestatore assillante. Il suo comportamento, come sta emergendo da più elementi da noi già raccolti – ha sottolineato il penalista – è connotato da plurime e reiterate condotte che descrivono ‘fame di possesso’ verso la nostra Giulia. Un assedio psicologico che aveva provocato nella ragazza uno stato di disorientamento e di importante ansia. Un uso padronale del rapporto che ha spinto Turetta prima a perpetrare reiterate azioni di molestie e controllo, anche tramite chiamate e messaggi incessanti, e poi, in ultimo l’omicidio, al fine di gratificare la sua volontà persecutoria”.
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