di SERGIO TRASATTI/ Il prossimo 20 marzo 1979 saranno 45 anni dall’omicidio di Mino Pecorelli, “Il giornalista scomodo”. Il fondatore di OP “Osservatore Politico” fu ucciso in via Orazio a Roma con quattro colpi di pistola calibro 7.65. A oggi restano sconosciuti sia l’esecutore materiale del delitto, sia i mandanti e il conseguente movente. Un omicidio figlio dei tanti intrighi della cosiddetta “prima Repubblica”. In passato furono processati Andreotti, Carminati e Badalamenti, poi tutti assolti. Nel 2019, però, la Procura di Roma, ha riaperto l’inchiesta dopo la scoperta di un verbale contenente le dichiarazioni dell’estremista di destra Vincenzo Vinciguerra, condannato in via definitiva all’ergastolo per la strage di Peteano. Infatti, nel 1992, davanti al giudice Guido Salvini, Vinciguerra raccontò di aver sentito Adriano Tilgher dire che la pistola utilizzata per uccidere Pecorelli era stata affidata a Domenico Magnetta. Il mistero italiano è stato approfondito a “Crimini e Criminologia” su Cusano Italia TV con Andrea Pecorelli, uno dei figli del giornalista assassinato.
Andrea Pecorelli al microfono di Fabio Camillacci e Gabriele Raho ha fatto rivelazioni importanti dicendo: “L’assassino di mio padre è vivo, vegeto e non ha certo 90 anni. Il suo nome è scritto nelle carte dell’inchiesta. Io ho un’idea molto chiara su chi gli sparò; so chi fu l’esecutore materiale del delitto, non il mandante o il movente. Diciamo che ci sono elementi che ci lasciano immaginare che quella della destra eversiva sia l’unica pista concreta e sinceramente non si riesce a capire perché non sia stata verificata e approfondita in tutti questi anni. Forse mio padre fu messo a tacere perché aveva scoperto e stava per rivelare i preparativi per la strage di Bologna del 2 agosto 1980. Devo anche aggiungere che sono molto perplesso dal fatto che nonostante la riapertura dell’inchiesta, il magistrato inquirente Erminio Amelio della Procura di Roma, in quasi 5 anni non abbia fatto niente; non ha ascoltato l’ex leader di Avanguardia Nazionale Domenico Magnetta, non ha sentito noi della famiglia Pecorelli che potremmo dargli qualche piccola indicazione come nuovi elementi per poter verificare questa pista”.
La precisazione del figlio di Pecorelli. Andrea Pecorelli ha aggiunto: “Sono abbastanza disincantato perché dopo quasi 45 anni, non dico che uno perde la speranza, però, è abbastanza abituato a vedere sempre il nulla, questa brutta abitudine a non fare, a non verificare. Sarebbe preferibile che ci dicessero ‘lasciate perdere, quando sarà vi faremo sapere qualcosa’. La riflessione che faccio sempre è questa: l’unico vero motivo per cui c’è tutto questo silenzio può essere uno solo: perché l’esecutore materiale o gli esecutori materiali sono ancora in vita. Un po’ la stessa riflessione che fa da sempre Pietro Orlandi in merito al rapimento della sorella Emanuela. Il mio auspicio è che finalmente il magistrato inquirente possa provare a dare quel quid in più. Si dice che questo nostro Paese non ha segreti, che non può avere misteri per sempre, eppure il mistero dell’omicidio di mio padre dura già da quasi 45 anni e quindi resiste alla possibilità di veder finalmente chiarito questo delitto. Per tanti anni purtroppo in molti non solo non hanno riconosciuto la grande attività giornalistica d’inchiesta di mio padre, ma hanno addirittura bistrattato il suo lavoro”.
L’album di famiglia. In chiusura, da Andrea Pecorelli un ricordo del papà: “E’ stato un padre presente, premuroso e attento. Certo, è stato presente per quanto ha potuto perché era veramente innamorato del suo lavoro. Comunque, fino a che è stato in vita, siamo riusciti a condividere alcune cose come la sua grande passione calcistica per la Lazio: quando i biancocelesti giocavano in casa eravamo sempre presenti sugli spalti dell’Olimpico. Ancora oggi mi chiedo, che vita sarebbe stata per me, per mio fratello Stefano e per il resto della famiglia se ci fosse stato ancora?”.
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